Kerala, la Corte suprema ammette il ricorso italiano in difesa dei due marò
Kochi (AsiaNews/Agenzie) - La Corte suprema dell'India ha ammesso oggi il ricorso italiano sulla giurisdizione, circa la detenzione in Kerala dei due marò con l'accusa di aver ucciso due pescatori indiani il 15 febbraio scorso. La prossima udienza è fissata per l'8 maggio. Nel ricorso presentato dalle autorità italiane, si afferma che la custodia continuata dei militari italiani da parte della polizia del Kerala è illegale, poiché viola i principi dell'immunità sovranazionale e l'art. 32 della Costituzione gli art. 14 (lo Stato non deve negare ad alcuna persona uguaglianza o eguale protezione dinanzi alla legge in territorio indiano) e 21 (proteggere la vita e la libertà personale: nessuno può essere privato della sua vita o libertà personale, se non in base alle procedure stabilite dalla legge) della Costituzione indiana.
I giudici Altamas Kabir, S S Nijjar e Ranjan Gogoi hanno chiesto al governo centrale e a quello del Kerala di presentare una memoria per l'udienza del prossimo 8 maggio.
Nella sua petizione, registrata sotto l'art.32 della Costituzione indiana, il governo italiano ha affermato che il governo del Kerala non ha alcuna autorità per registrare qualsiasi causa penale, dal momento che l'accusa rivolta ai due marò deve essere trattata secondo il diritto internazionale, ed è l'India il firmatario della Carta delle Nazioni Unite, non lo Stato del Kerala.
Intervenendo nel caso e tenendo in custodia i due militari, il Kerala ha praticato un "eccesso di giurisdizione", che deve invece essere assegnata all'Italia, poiché l'incidente è avvenuto nella cosiddetta "zona contigua": un'area di ulteriori 12 miglia nautiche, in cui lo Stato che determina la territorialità può esercitare un controllo. Tuttavia, trattandosi già di acque internazionali, non esiste una regola base per risolvere eventuali dispute, e i Paesi coinvolti devono trovare un compromesso.