Kerala, Alta Corte apre le porte dell'avvocatura a sacerdoti e suore
La decisione spiega che "chi professa una religione non rappresenta alcun pericolo e non può essere esclusa a priori dalle liste degli esaminandi". Cardinal Vithayathil: "Soddisfatto, si riconosce l'impegno della Chiesa per l diritti umani".
Kochi (AsiaNews) Sacerdoti e religiose cattolici potranno esercitare la professione legale nel Kerala. Lo ha deciso il 21 marzo l'Alta Corte, massima autorità giuridica dello Stato, che ha in questo modo eliminato una delle discriminazioni di cui è vittima la Chiesa cattolica. "Felicità e soddisfazione" sono state espresse dal cardinale Vithayathil, arcivescovo di Ernakulam-Angamaly, in un'intervista ad AsiaNews.
"E' un giudizio corretto ha detto il porporato - che aspettavamo in molti, ma è anche un riconoscimento all'impegno della Chiesa nei confronti dei poveri di tutta l'India". Spesso, infatti, i sacerdoti prestano gratuitamente la loro assistenza legale a coloro che non si possono permettere le parcelle di altri avvocati: questo è spesso l'unico modo, per i poveri, di ottenere giustizia.
"I sacerdoti e le religiose dice ancora il presule, di rito siro-malabarese sono 'avvocati etici' e questa decisione permette di inserire l'etica cattolica nei processi del Kerala. Tramite questa sentenza, la Chiesa ottiene un segno visibile del suo essere istituzione in difesa dei diritti umani".
Il verdetto dell'Alta Corte, pronunciato dal giudice supremo V. K. Bali, spiega che "una persona che cerca di divenire avvocato e professa una religione non rappresenta alcun pericolo e non può essere esclusa a priori dalle liste degli esaminandi".
La decisione annulla di fatto il ricorso presentato un anno fa dal Consiglio di Stato indiano, che si era espresso contro la decisione di ammettere nell'Ordine nazionale degli avvocati un sacerdote e due suore cattoliche.