18/01/2025, 11.45
MALAYSIA-THAILANDIA
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Kanchanaburi, rito funebre postumo per le vittime della ‘Ferrovia della morte’

di Joseph Masilamany

Saranno cremati almeno 106 resti scheletrici (su 500 rinvenuti inizialmente) di tamil e prigionieri deceduti durante la Seconda guerra mondiale nella costruzione della famigerata strada ferrata che unisce i due Paesi. Al termine dei riti saranno poi sepolti in una speciale urna funeraria. Un riconoscimento postumo della lotta contro la crudeltà dei loro rapitori e le malattie.

 

Kuala Lumpur (AsiaNews) - Il “Malaysians and Indians in Bangkok” (Mib) vuole cremare i resti di 106 lavoratori tamil Romusha della Malesia che hanno lavorato per la “Ferrovia della morte” durante la Seconda guerra mondiale, finora esposti al Jeath War Museum di Kanchanaburi, provincia occidentale thai. Silva Kumar, presidente Mib, afferma che la decisione segue l’annuncio relativo alla chiusura definitiva del museo entro la fine di aprile 2025. I resti, parte di una triste eredità storica, sono stati scoperti durante un progetto di costruzione nei pressi dell’ufficio del governatore locale. “Delle 500 ossa inizialmente rinvenute, 106 sono state consegnate al Museo Jeath dal Dipartimento archeologico dell’università Silpakorn, mentre le restanti - afferma Silva Kumar - sono state cremate da una fondazione cinese”. I monaci buddisti intoneranno preghiere durante le cremazioni e le ceneri saranno sottoposte a una speciale cerimonia di sepoltura in un Nadukal, un’urna commemorativa tradizionale tamil fatta di pietra. “La chiusura del museo - aggiunge - offre l’opportunità di dare a questi individui un addio dignitoso”.

A nome dell’associazione di cui è presidente, egli sottolinea che il Mib intende condurre le cerimonie di cremazione presso il Wat Chaichumpon-Chanasongkram, un tempio buddista di Kanchanaburi; inoltre, l’intero processo sarà eseguito in parti diverse, perché la gestione di 106 resti in un’unica cerimonia non è attuabile. “Il costo totale - spiega Silva Kumar - di queste cerimonie è stimato in 3.900 Rm (poco più di 840 euro) e stiamo cercando di ottenere un sostegno per coprire le spese”. Le immense sofferenze patite dai prigionieri di guerra alleati (PoWs) e dai lavoratori forzati asiatici (noti anche come “Romusha” in giapponese) durante la costruzione dei 415 km di ferrovia fra Thailandia e l’allora Birmania, aggiunge, restano in gran parte invisibili. 

Egli ha inoltre sottolineato che il numero esatto di morti durante la costruzione dell’infrastruttura è sconosciuto, ma le stime suggeriscono che circa 100mila persone siano decedute, tra cui circa 12mila prigionieri di guerra alleati. A questi si aggiungono decine di migliaia di Romusha, costretti a lavorare in condizioni orribili. La “Ferrovia della morte”, costruita tra il giugno 1942 e l’ottobre 1943, rimane una pagina nera e di infamia nella storia del Sud-est asiatico. Quasi 150mila braccianti tamil provenienti dalle tenute di caucciù dell’odierna Malaysia sono stati portati a forza per costruire la linea ferroviaria tra il Siam (ora Thailandia) e la Birmania (ora Myanmar), sotto il comando dell’esercito imperiale giapponese durante la guerra. Molti di loro sono morti a causa delle durissime condizioni di lavoro e per gli abusi subiti. Al riguardo, il 3 giugno 2023 a Kanchanaburi, in Thailandia, è stato inaugurato un memoriale dedicato ai lavoratori.

Il presidente del Death Railway Interest Group (Drig) Malaysia, P. Chandrasekaran, in prima linea nella lotta decennale con Delhi, Kuala Lumpur e altre nazioni del Sud-est per il riconoscimento formale del sacrificio di questi lavori silenziosi e senza nome, ha parlato all’inaugurazione. Egli considera il memoriale “un passo senza precedenti verso un pellegrinaggio che avrebbe dovuto essere intrapreso molti anni fa”. “Seppelliti in fosse comuni lungo i binari della ferrovia, gli indiani, i malesi, i birmani, gli indonesiani e gli indocinesi hanno sopportato le condizioni di lavoro più disumane. Essi hanno lottato - aggiunge - non solo contro la crudeltà dei loro rapitori ma anche contro malattie come il colera e la dissenteria”.

Nel suo libro “Revisiting the Death Railway: The Survivors’ Account” Sasidaran Sellappah mette in evidenza la brutale angoscia umana e le morti subite dalle vittime; di queste, metà erano braccianti tamil malesi, ma vi sono anche racconti di soldati delle forze alleate costituite da prigionieri di guerra australiani, britannici, olandesi e americani. Mentre il calvario di questi prigionieri di guerra è immortalato nel film “The Bridge On The River Kwai”, una ricerca rivela ben poco sul lavoro forzato e disumanizzato dei Tamil. Oggi le autorità di Kanchanaburi promuovono il ponte sul fiume Kwai, costruito sulla ferrovia della morte e poi bombardato dagli Alleati nel 1944, come luogo turistico. Tuttavia, il ruolo dei lavoratori tamil è poco o per nulla menzionato nei resoconti storici o nei musei della città.

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