Kachin: donne sequestrate e violentate dall’esercito birmano
Una 28enne rapita e stuprata per una settimana dai soldati. A fine ottobre nel vicino Stato Shan i militari hanno violentato e ucciso tre ragazzine di etnia cinese. Aung San Suu Kyi: stupro, arma di guerra usata dai militari contro la popolazione. Associazione umanitaria thai racconta in un documentario le storie delle vittime di abusi.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Sequestrata per diversi giorni e violentata a turno da un gruppo di soldati birmani. È l’incubo vissuto dalla 28enne Sumlot Roi Ja, una donna di etnia Kachin e madre di una bambina di soli 14 mesi. La giovane è originaria del villaggio di Hkai Bang, nel distretto di Bhamo, nel nord del Myanmar poco distante dal confine con la Cina. Rapita dai soldati il 28 ottobre, Roi Ja è rimasta per oltre una settimana nelle mani degli aguzzini, rinchiusa nella caserma di Mu Bum; secondo quanto riferiscono i parenti, sarebbe stata liberata solo il 3 novembre dopo ripetuti episodi di stupro di gruppo.
Testimoni oculari confermano di aver visto il corpo nudo della ragazza, su una piattaforma in cemento utilizzata dai soldati per montare la guardia. Roi Ja presentava i segni delle violenze, causati dai ripetuti stupri di gruppo. Il marito e il suocero della giovane hanno evitato per poco la cattura, mentre la donna è stata abbandonata nei pressi della linea che divide i soldati governativi dalle zone controllate dai ribelli del Kachin Indipendence Army (KIA).
Attivisti per i diritti umani e delle donne spiegano che la violenza sessuale è una vera e propria “arma” utilizzata dai militari contro le minoranze etniche negli Stati Kachin, Shan e Karen. Lo scorso 27 ottobre alcuni soldati hanno stuprato e ucciso tre ragazzine di etnia cinese nello Stato Shan, originarie del distretto di Muse.
Contro la pratica è intervenuta l’organizzazione internazionale Human Rights Watch (HRW), che condanna il governo birmano che continua a perpetrare abusi contro vittime innocenti, a dispetto dei proclami che promettono maggiore democrazia e riforme. In particolare la serie di stupri contro ragazze e donne Kachin, il fermo dei civili e la distruzione di case iniziato il 9 giugno scorso, con il riacutizzarsi del conflitto fra esercito e milizie ribelli. Anche Aung San Suu Kyi, Nobel per la pace e leader dell’opposizione, conferma che “lo stupro nel mio Paese è usato con arma contro quanti vogliono vivere in pace, specialmente nelle aree in cui vivono le minoranze etniche”.
La terribile vicenda di Roi Ja è simile a molte altre accadute a giovani donne Kachin e raccontate in un documentario realizzato dall’associazione umanitaria, con base in Thailandia, Women’s League of Burma (WLB). Intitolato “Garantire giustizia alle donne”, il filmato propone una panoramica sconvolgente sui 18 casi di violenze sessuali verificati negli ultimi mesi, cui si aggiungono i quattro episodi occorsi nel vicino Stato Shan, con vittime di età variabile fra i 12 e i 50 anni, tra cui una donna al nono mese di gravidanza.
Moon Nay Li, portavoce della Kachin Women's Association Thailand (KWAT), ha dichiarato al quotidiano dissidente The Irrawaddy che “con le elezioni generali del 2010, la situazione invece di migliorare è peggiorata sempre di più”. E l’impunità sancita nella Costituzione ai vertici militari, non aiuta a punire i casi di abusi commessi dall’esercito nei confronti della popolazione civile e in particolare le donne.
Testimoni oculari confermano di aver visto il corpo nudo della ragazza, su una piattaforma in cemento utilizzata dai soldati per montare la guardia. Roi Ja presentava i segni delle violenze, causati dai ripetuti stupri di gruppo. Il marito e il suocero della giovane hanno evitato per poco la cattura, mentre la donna è stata abbandonata nei pressi della linea che divide i soldati governativi dalle zone controllate dai ribelli del Kachin Indipendence Army (KIA).
Attivisti per i diritti umani e delle donne spiegano che la violenza sessuale è una vera e propria “arma” utilizzata dai militari contro le minoranze etniche negli Stati Kachin, Shan e Karen. Lo scorso 27 ottobre alcuni soldati hanno stuprato e ucciso tre ragazzine di etnia cinese nello Stato Shan, originarie del distretto di Muse.
Contro la pratica è intervenuta l’organizzazione internazionale Human Rights Watch (HRW), che condanna il governo birmano che continua a perpetrare abusi contro vittime innocenti, a dispetto dei proclami che promettono maggiore democrazia e riforme. In particolare la serie di stupri contro ragazze e donne Kachin, il fermo dei civili e la distruzione di case iniziato il 9 giugno scorso, con il riacutizzarsi del conflitto fra esercito e milizie ribelli. Anche Aung San Suu Kyi, Nobel per la pace e leader dell’opposizione, conferma che “lo stupro nel mio Paese è usato con arma contro quanti vogliono vivere in pace, specialmente nelle aree in cui vivono le minoranze etniche”.
La terribile vicenda di Roi Ja è simile a molte altre accadute a giovani donne Kachin e raccontate in un documentario realizzato dall’associazione umanitaria, con base in Thailandia, Women’s League of Burma (WLB). Intitolato “Garantire giustizia alle donne”, il filmato propone una panoramica sconvolgente sui 18 casi di violenze sessuali verificati negli ultimi mesi, cui si aggiungono i quattro episodi occorsi nel vicino Stato Shan, con vittime di età variabile fra i 12 e i 50 anni, tra cui una donna al nono mese di gravidanza.
Moon Nay Li, portavoce della Kachin Women's Association Thailand (KWAT), ha dichiarato al quotidiano dissidente The Irrawaddy che “con le elezioni generali del 2010, la situazione invece di migliorare è peggiorata sempre di più”. E l’impunità sancita nella Costituzione ai vertici militari, non aiuta a punire i casi di abusi commessi dall’esercito nei confronti della popolazione civile e in particolare le donne.
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