30/09/2022, 08.58
AFGHANISTAN
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Kabul: talebani stringono accordi con gruppi terroristi stranieri

di Vladimir Rozanskij

Lo afferma la resistenza tagika del Panjshir. Ci sarebbero stati incontri con al-Qaeda, formazioni tagike, uzbeke e uigure. I timori del confinante Tagikistan. I talebani si erano impegnati a non ospitare centrali terroristiche, prima del ritiro Usa dall’Afghanistan.

Mosca (AsiaNews) – Il Fronte di opposizione nazionale (Fon) dell’Afghanistan, il gruppo della resistenza del Panjshir fondato da Ahmad Massoud, ha comunicato che in base alle sue fonti vi sarebbe stato a Kabul un incontro segreto tra la dirigenza talebana e 16 leader di gruppi terroristici stranieri. I talebani avrebbero accompagnato poi i loro ospiti nelle provincie settentrionali di Baghlan, Kunduz e Badakšan. Il governo talebano non ha rilasciato commenti su questa circostanza.

Secondo il sito del Fon, i leader coinvolti sarebbero Hadji Forgan, capo del Movimento islamico del Turkestan orientale, Mawlavi Ibrohim, guida del gruppo “Jamaat Ansarullah” (composto da militanti provenienti dal Tagikistan), Shayk Zakir, capo del Movimento islamico dell’Uzbekistan, Abdullah Uygur, rappresentante di al-Qaeda nel nord dell’Afghanistan e altri, giunti a Kabul già a fine agosto come ospiti di Hadji Afzal, esponente di primo piano della “rete di Haqqani” nel quartiere Wazir Akbar Khan di Kabul.

I capi terroristi si sarebbero incontrati con il ministro dell’Interno del governo talebano, Sirajuddin Haqqani, per discutere di piani per la formazione di una rete di combattenti nel nord del Paese. In base all’accordo raggiunto, nei prossimi sei mesi circa la metà dei membri delle organizzazioni terroristiche potranno essere inviati in vari Paesi dell’Asia centrale. La rete di Haqqani avrebbe affidato il coordinamento di questa nuova formazione a Mawlavi Ibrohim, visto di recente vicino a Kunduz insieme ad alcuni rappresentanti di al-Qaeda.

Gli altri leader sarebbero stati riconosciuti a Baghlan, dove ha sede un quartier generale dei talebani al nord, mentre Zakir si sarebbe diretto nella provincia del Badakšan insieme ad alcuni capi talebani. Queste manovre hanno già suscitato l’ennesima reazione del governo del Tagikistan, che ha più volte denunciato la minaccia per l’Asia centrale proveniente dall’Afghanistan.

Il ministro degli Esteri di Dušanbe, Sirojiddin Mukhriddin, è intervenuto il 24 settembre all’Assemblea dell’Onu, esprimendo tutta la preoccupazione per la situazione, in quanto “l’Afghanistan sta cercando in tutti i modi di diventare un rifugio per i terroristi e una base per la diffusione dell’estremismo islamico in tutta la regione”.

Proprio gli spostamenti verso il nord dell’Afghanistan di gruppi terroristici, secondo i tagiki, evidenziano questo piano, coinvolgendo i fuorusciti da altri Paesi dell’Asia centrale per creare tensioni alle frontiere, e come ha ricordato Mukhriddin: “Le conseguenze per il Tagikistan saranno enormi, avendo 1.400 chilometri di confine con l’Afghanistan”.

Solo il 26 settembre un rappresentante dei talebani, Zabihullah Modjahid, ha assicurato ai corrispondenti di Radio Ozodi che “i talebani negano la possibilità, che Allah non voglia, di trasformare il nostro Paese in un concentrato di terroristi pronti ad attaccare gli Stati vicini, noi daremo garanzie per la sicurezza di tutti, e i timori del Tagikistan sono senza fondamento”.

I talebani invitano i tagiki a discutere ufficialmente questi problemi, ma da Dušanbe si insiste sulla non rappresentatività del governo di Kabul, che nonostante i numerosi appelli non ha voluto integrare le tante espressioni etniche, politiche e geografiche del Paese, di cui la componente tagika è una delle più significative.

Anche il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, il principe Faysal bin Farhan Al Saud, ha invitato i talebani a non permettere di trasformare l’Afghanistan in un centro internazionale del terrorismo e “per questo è necessario sviluppare una stretta collaborazione a livello internazionale”.

Intervenendo alla 77ma sessione dell’Assemblea generale dell’Onu, una certa preoccupazione è stata espressa anche dal primo ministro del Pakistan, Shehbaz Sharif. I timori erano accresciuti anche dopo l’eliminazione del capo di al-Qaeda, Ayman Al-Zawahiri, da parte degli Usa, identificando proprio a Kabul la sua base segreta, dove un drone di Biden lo ha ucciso.

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