Jharkhand, rifiuta di abiurare e di tornare alla fede degli alberi. Un cristiano muore da martire
Bartu Urawn aveva 50 anni e viveva nel villaggio di Kubuaa. Un gruppo di 15 indigeni indù lo ha legato e gettato in uno stagno ghiacciato. “Non rinnegherò Cristo. Continuerò a credere in lui fino all’ultimo respiro”. Un rapporto del Catholic Secular Forum di Mumbai riporta che nel 2016 almeno 10 cristiani sono stati uccisi per la propria fede.
Ranchi (AsiaNews) – Aveva rifiutato di rinnegare la propria fede in Cristo e per questo è stato gettato in uno stagno ghiacciato con le mani legate. L’uomo, un cristiano del Jharkhand, è morto da martire a causa di ripetuti arresti cardiaci dopo aver passato 17 ore immerso nell’acqua. È successo nel villaggio di Kubuaa, nel distretto di Palamu, dove Bartu Urawn, cristiano di 50 anni, risiedeva con la moglie e il figlio Beneswar. È stato proprio quest’ultimo a denunciare l’ultimo episodio di violenza di radicali indù contro un membro della minoranza cristiana in India, dove la Costituzione – sempre più spesso violata – garantisce la libertà di culto.
Bartu e la sua famiglia si erano convertiti al cristianesimo circa 10 anni fa. Insieme a loro, anche altre nove famiglie del villaggio, di cui sette sono state forzate a riabbracciare la religione originaria. La scelta della famiglia Urawn non è mai stata accettata dagli altri abitanti del villaggio, appartenenti a gruppi tribali che professano il culto di “Sarna”, cioè “religione degli alberi sacri”. Si tratta di un rituale di antiche origini comune alla mitologia indù, buddista e giainista, che prevede anche il sacrificio di animali.
Beneswar ha raccontato che i suoi genitori erano da tempo bersaglio degli indigeni indù, contrari alla conversione. Per questo, nell’estremo tentativo di far loro rinnegare la fede, un gruppo di 15 persone li ha legati e gettati nell’acqua fredda. Lì sono rimasti per tutta la notte, mentre il giovane veniva costretto ad assistere alla loro tortura. “Gli chiedevano di abiurare – riferisce – ma lui rispondeva ogni volta: ‘Non rinnegherò Cristo. Continuerò a credere in lui fino all’ultimo respiro’”.
Il cristiano in precedenza è stato obbligato a mangiare della carne offerta in sacrificio e a bere alcolici, mentre il figlio è stato costretto a bere acqua inquinata. Riemersi dallo stagno, Bartu è deceduto per lo sforzo fisico, mentre la moglie è sopravvissuta.
Secondo l’ultimo rapporto di Open Doors, l’India è al 15mo posto nella classifica dei Paesi dove i cristiani sono più perseguitati. Dati del censimento del 2011 sulle comunità religiose, riportano che nel Paese la maggioranza professa la fede indù (79,8% su un totale di 1,2 miliardi di abitanti), mentre i cristiani rappresentano appena il 2,3% (circa 27,8 milioni di fedeli), di cui in gran parte dalit (intoccabili) e tribali.
Un rapporto recente della Commissione Usa sulla libertà religiosa nel mondo afferma che l’India non rispetta gli standard internazionali, discriminando e perseguitando le minoranze. Nonostante la carta fondamentale dello Stato rispetti la diversità religiosa e garantisca a tutti i cittadini la piena libertà di professione, le minoranze – in particolare quella cristiana – sono spesso oggetto di violenze, persecuzione e varie forme di intimidazione. Un altro studio del Catholic Secular Forum di Mumbai riporta che nel 2016 almeno 10 cristiani sono stati uccisi per la propria fede e altri 500 presi di mira con l’accusa di conversioni forzate.