Jakarta, uno studente su cinque per il califfato. Uno su quattro pronto a combattere
I gruppi islamici si fanno strada a forza nella vita pubblica e politica della giovane democrazia. Le autorità lanciano l’allarme per le infiltrazioni radicali nelle organizzazioni studentesche e nei campus. L'intolleranza cresce tra gli indonesiani a medio reddito che vivono nelle periferie.
Jakarta (AsiaNews/Agenzie) - Circa il 20% degli studenti delle scuole superiori e delle università indonesiane preferiscono l'istituzione di un califfato, rispetto ad un governo laico. Quasi un ragazzo su quattro ha dichiarato di essere pronto a combattere per le proprie credenze religiose e per raggiungere tale obiettivo. È quanto rivela un sondaggio di Alvara, organizzazione con base a Jakarta, pubblicato lo scorso 31 ottobre.
L'Indonesia, Paese islamico più popoloso al mondo ha visto negli ultimi anni la sua reputazione per la tolleranza religiosa sottoposta a scrutinio, dal momento che i gruppi islamici si fanno strada a forza nella vita pubblica e politica della giovane democrazia. La grande maggioranza degli indonesiani pratica una forma moderata dell'islam e il Paese ospita importanti minoranze di indù, cristiani e persone che professano credenze tradizionali. La diversità religiosa è anche sancita nella sua Costituzione.
I movimenti islamici estremisti, alla fine dell'anno scorso, hanno organizzato numerose manifestazioni di massa contro l'ex governatore di Jakarta Basuki Tjahaja Purnama detto “Ahok”, un cristiano di etnia cinese, che accusavano di aver insultato l'islam. Nell'aprile di quest'anno, essi sono riusciti ad impedirne la rielezione ed a influenzare la sua condanna a due anni di carcere per blasfemia. La società civile indonesiana ha criticato con durezza la sentenza, definita un’ingiustizia. Gruppi come l'Islamic Defenders Front (Fpi) chiedono che sia imposta nel Paese la sharia e sostengono che i suoi leader debbano essere solo musulmani.
Le autorità hanno più volte lanciato l’allarme per le infiltrazioni del pensiero islamico radicale nelle organizzazioni studentesche e nelle attività dei campus. Il presidente Joko Widodo ed il suo governo stanno cercando di contenere l'influenza crescente degli islamisti, soprattutto nelle università e nelle scuole islamiche.
Il mese scorso il parlamento ha approvato un decreto presidenziale che proibisce le organizzazioni civili contrarie all'ideologia secolare del Paese. Hizb-ut-Tahrir, un'organizzazione che chiede l'istituzione di un califfato in Indonesia, è stato il primo gruppo ad essere sciolto per effetto del decreto. Widodo ha tenuto diversi discorsi nelle scuole islamiche di tutto il Paese, sottolineando l’importanza della diversità e dell’unità nazionale. A settembre il presidente ha organizzato una conferenza con circa 3mila rettori universitari per la promozione nell'istruzione dell'ideologia pluralista del Paese, la Pancasila.
L’estremismo in Indonesia non si diffonde solo tra le fasce più giovani della popolazione. L'intolleranza è cresciuta tra gli indonesiani a medio reddito che vivono nelle periferie. Lo afferma uno studio di Setara, organizzazione per i diritti umani. La ricerca, condotta da luglio ad ottobre scorsi, ha scoperto che Bogor e Depok, due città satellite a sud di Jakarta (West Java), sono divenute per i predicatori radicali centri per diffondere i propri messaggi di odio in luoghi come università e complessi residenziali.
Negli ultimi due anni West Java è stata classificata la provincia meno tollerante, secondo la Commissione nazionale per i diritti umani (Komnas Ham). A marzo, i membri di tre congregazioni cristiane protestanti hanno visto le loro funzioni domenicali interrotte da manifestanti presso il complesso di Griya Parung Panjang, nel distretto di Parung Panjang, reggenza di Bogor. I manifestanti hanno dichiarato che, celebrando le funzioni in un complesso residenziale, i membri delle congregazioni avevano violato i regolamenti, ignorando il fatto che non erano autorizzati a costruire un luogo di culto nella zona. I fedeli si riunivano all'interno di una casa perché i loro tentativi di costruire una chiesa erano stati più volte respinti.