Jakarta, rivolta contro norma "pro-casta" che blocca le indagini per corruzione
Jakarta (AsiaNews) - Approfittando dell'attenzione di pubblico e società civile per le elezioni presidenziali in Indonesia, i parlamentari hanno modificato le modalità di indagine di magistratura e forze dell'ordine nei casi corruzione, rendendo più difficili inchieste e incriminazioni. Non è raro che i politici a Jakarta usino, come già avvenuto in passato, fatti di cronaca o avvenimenti di portata nazionale per scopi personali o secondi fini. Le iniziative messe in campo in queste settimane di campagna elettorale dalla classe politica sono emerse solo negli ultimi giorni, coi cittadini stupiti e indignati da "sporchi giochetti" volti a scagionare o a rendere immuni i politici e i parlamentari da casi di malaffare.
Oggi dunque in Indonesia, rispetto a quanto avveniva in passato, le indagini a carico di ministri e membri dell'esecutivo per i casi di corruzione e peculato devono ricevere l'approvazione ufficiale del capo di Stato. Abraham Samad, capo della Commissione anti-corruzione (Kpk), sottolinea che "la mossa ha diminuito in modo drastico il potere della pubblica accusa - poliziotti e magistrati - di incriminare i parlamentari implicati in vicende di corruzione". Le disposizioni rappresentano inoltre "un serio ostacolo" al cammino della giustizia.
Tuttavia, questa volta la società civile non è rimasta inerite ad assistere all'ennesimo colpo di mano della "casta"; attraverso una iniziativa che si è diffusa in internet sui social network, un gruppo di cittadini ha promosso una petizione che, partita la scorsa settimana, dovrebbe essere presentata alla Corte costituzionale (Mk). Essa chiede la cancellazione della norma approvata dal Parlamento, perché fra i molti punti controversi rappresenta una palese violazione del "principio di uguaglianza davanti alla legge". Questa legge, affermano alcuni attivisti, conferma che "i politici non sono delle persone integerrime dal punto di vista morale".
Negli ultimi tre anni - sotto il presidente Susilo Bambang Yudhoyono, al secondo mandato - la Commissione anti-corruzione ha eseguito una serie di operazioni di successo in tutto il Paese; la Kpk ha mietuto vittime illustri e fatto emergere casi clamorosi di malaffare in vari settori, dalla giustizia, alla politica fino all'economia. Tra i tanti, ricordiamo l'arresto di un ministro di primo piano dell'attuale esecutivo e del presidente della Corte costituzionale, lo scandalo che ha investito il mondo del petrolio e gli intrighi che hanno portato alla rielezione dell'ex governatore della Banca centrale. Del resto il tema della corruzione è stato uno degli argomenti chiave attorno ai quali si sono giocale le elezioni generali ad aprile e quelle presidenziali a luglio.
I processi eccellenti si sono conclusi con condanne fino a 10 anni di carcere; ancora più dura la sentenza che ha comminato 16 anni di prigione a Lutfi Hasan, ex parlamentare e presidente del partito filo-islamico Justice and Prosperous Party (Pks). Ancora oggi nel mirino della commissione anti-corruzione vi sono molti politici e parlamentari sottoposti a indagini o a restrizioni alla libertà di movimento.