14/10/2023, 15.01
CINA-ISRAELE-PALESTINA
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Israeliano accoltellato a Pechino, uiguri condannano la violenza di Hamas

Assalito ieri da uno "straniero" nel quartiere delle ambasciate. L'incidente proprio mentre la Repubblica popolare cinese continua a proporsi come mediatrice nel conflitto, ma è guardata con freddezza da Israele per la mancata condanna esplicita delle stragi di sette giorni fa. Basso profilo di Pechino anche sui propri cittadini uccisi e sui dispersi che probabilmente sono nelle mani di Hamas a Gaza.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Pechino continua a proporsi come mediatore nel conflitto tra Israele e Hamas. Ma un attacco avvenuto ieri a Pechino in cui è rimasto gravemente ferito un diplomatico israeliano, rischia di avere gravi conseguenze nei rapporti tra la Repubblica popolare cinese e Israele. L’azione è avvenuta proprio nel venerdì in cui Hamas aveva esortato in tutto il mondo a compiere azioni contro obiettivi israeliani. E – oltre all’assalto in una scuola in Francia in cui è rimasto ucciso un insegnante – anche a Pechino vi è stato un attacco nel quartiere di Chaoyang, quello delle ambasciate, uno dei più controllati dalla polizia cinese.

L’azione è stata anche ripresa da un video divenuto virale sui social network cinesi: un cinquantenne israeliano che lavora per l’ambasciata è stato colpito da un uomo armato con un coltello mentre si trovava davanti a un supermercato, poco lontano dall’ambasciata. Secondo quando reso noto dalla polizia locale l’assalitore è “uno straniero” (alcune fonti dicono espressamente un palestinese) che ha 53 anni e ha una piccola attività commerciale a Pechino. “Sono in corso indagini sul caso”, precisa laconicamente il comunicato della polizia cinese. Il ministero degli Esteri israeliano ha riferito che l’impiegato è ricoverato in ospedale ed è in condizioni stabili.

L’episodio giunge proprio in un momento i cui i rapporti tra Israele e la Repubblica popolare cinese sono molto tesi. Il governo israeliano aveva già criticato la posizione delle autorità cinesi che nelle prese di posizione sul conflitto scatenato dall’azione terroristica partita sette giorni fa da Gaza, si sono limitate all’appello alla “de-escalation” del conflitto, ribadendo l’auspicio cinese di una soluzione “equa” per i palestinesi ma senza mai nominare espressamente Hamas.

Il ministero degli Esteri di Pechino ha reso noto che l’inviato cinese per il Medio Oriente Zhai Jun ha avuto colloqui ieri con la Lega Araba, proseguendo la sua azione diplomatica per contribuire a risolvere il conflitto. Zhai ha detto agli inviati arabi che la Cina continuerà a fornire aiuti umanitari a Gaza. Nei giorni scorsi aveva avuto anche contatti diretti con il governo israeliano.

Intanto restano molto scarne le notizie diffuse da Pechino sui propri connazionali rimasti vittima del conflitto: il portavoce del ministero degli Esteri si è limitato a confermare il bilancio di tre morti, ma senza specificare i loro nomi e le circostanze della loro morte. Né ha fornito informazioni precise su chi e quanti siano i cittadini cinesi che mancano all’appello e che presumibilmente sono nelle mani di Hamas. Il governo della Repubblica popolare cinese – a differenze di tutti gli altri governi, anche in Asia – li sta trattando come persone che si sono semplicemente trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato. E non ha alcuna intenzione di intervenire pubblicamente sul tema della loro sorte. L’unica notizia fatta trapelare è una dichiarazione della madre di Noa Argamani - la ragazza sino-israeliana del video del rapimento al rave party nel deserto. La donna, che vive a Pechino, ha specificato che sua figlia (contrariamente a quanto era stato detto in un primo momento) non è nata in Cina ma in Israele e dunque non è cittadina cinese.

Merita di essere segnalato, infine, che - proprio mentre il governo della Repubblica popolare cinese è così restio a pronunciarsi su Hamas pur avendo propri cittadini tra le vittime del suo terrorismo – una condanna netta della violenza degli islamisti è venuta dagli Uiguri, la popolazione musulmana dello Xinjiang i cui movimenti autonomisti Pechino etichetta come un fronte del jihadismo. Già il 9 ottobre il World Uyghur Congress, la più rappresentativa delle organizzazioni degli uiguri, ha diffuso una dichiarazione in cui “condanna fermamente gli orribili attacchi di Hamas contro i civili israeliani ed è profondamente preoccupato per la prospettiva di un'escalation del conflitto e di ulteriori perdite di vite umane. Siamo solidali con tutti coloro che soffrono a causa del terrore e della guerra - continua la nota - e teniamo nelle nostre preghiere tutte le persone colpite dalla violenza. Il World Uyghur Congress esorta la comunità internazionale ad agire con urgenza per proteggere le vite civili e stabilire un meccanismo efficace per una pace giusta e duratura in Medio Oriente”.

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