26/11/2024, 13.40
LIBANO - ISRAELE
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Israele ed Hezbollah vicini alla tregua, ma il ‘fronte nord’ resta caldo

di Fady Noun

Voluto dal presidente Biden, il progetto di cessate il fuoco americano tra Israele e Hezbollah è in attesa di via libera dall’esecutivo Netanyahu. L’accordo comporterà il ritiro della forza Al-Radwan di Hezbollah a nord del Litani e l’uscita totale di Israele dal territorio libanese. A questo dovrebbe seguire il ritorno delle popolazioni sfollate e un quintetto a supervisione della tenuta. 

Beirut (AsiaNews) - “Nulla è definitivo sino a che tutto non è definitivo”. Questo è l’assioma diplomatico diffuso ieri dal Dipartimento di Stato americano e dalla Casa Bianca, per descrivere lo stato dei colloqui in previsione di un cessate il fuoco in Libano fra Hezbollah e lo Stato ebraico. Una tregua, preceduta da un diluvio di ferro e fuoco di questi ultimi giorni, che è pronta a entrare in vigore in qualsiasi momento, voluta con forza dal presidente Usa Joe Biden. L’obiettivo è di mettere fine a oltre due mesi di bombardamenti aerei, scambi di missili e combattimenti a terra che hanno causato oltre 1770 morti e circa 11mila feriti nel Paese dei cedri, oltre a danni incalcolabili ad abitazioni e infrastrutture, comprese quelle ospedaliere.

A questo si aggiunge infine il drammatico sfollamento di più di un milione di libanesi dalle loro case. L’accordo comporterà il ripiegamento della forza Al-Radwan di Hezbollah a nord del Litani e un ritiro totale di Israele dal territorio libanese, nonché il ritorno delle popolazioni sfollate su entrambi i lati del confine. Nel frattempo, Israele ha continuato a emettere, ieri come oggi, avvisi di bombardamenti agli abitanti della periferia meridionale della capitale. 

Il progetto dovrebbe essere esaminato oggi ed eventualmente approvato in giornata dal gabinetto di guerra israeliano. Il primo ministro Benjamin Netanyahu deve ancora convincere il suo ministro della Difesa, Israel Katz, della validità dell’accordo. Per aiutarlo, Washington ha inviato Daniel Shapiro, vice segretario alla Difesa ed ex ambasciatore in Israele. Il premier deve convincere anche Itamar Ben Gvir, il suo ministro della Sicurezza nazionale.  Quest’ultimo ritiene che il cessate il fuoco sia “un grande errore” che farebbe perdere a Israele “un’opportunità unica” per chiudere la partita con Hezbollah. Tuttavia, Ben Gvir non ha minacciato di dimettersi se la decisione del cessate il fuoco verrà adottata, il che è un buon segno per Netanyahu e soprattutto per la pace.

A Beirut, segnali indiretti suggeriscono che il movimento sciita filo-iraniano “ha accettato senza riserve tutte le disposizioni della Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite”, che ha posto fine al conflitto del 2006. Ma ancora una volta, come si dice, “il diavolo si nasconde nei dettagli”. Il deputato Elias Bou Saab, vicino ai negoziati condotti dall’inviato americano del presidente Biden, Amos Hochstein, assicura in particolare che “non vi è nessuna clausola nella 1701 che dia a Israele il diritto di interferire militarmente o in altro modo in Libano, se la risoluzione non viene rispettata”.

Questo è il punto su cui la proposta di cessate il fuoco potrebbe inciampare, secondo tutte le fonti interessate. Israele pretenderebbe che la 1701 includa il suo diritto di intervenire militarmente in caso di violazione delle disposizioni della risoluzione. Si tratta chiaramente di un’invasione della sovranità libanese, rifiutata da tutti i cittadini del Paese dei cedri. A questo proposito, è stata ventilata la possibilità di concordare una clausola “segreta” tra Stati Uniti e Israele, a margine dell’accordo di cessate il fuoco, in modo da richiedere la discrezione di Washington prima di un’eventuale iniziativa militare da parte dello Stato ebraico. In ogni caso, nel caso di un accordo bilaterale tra i due alleati, il “diritto” rivendicato non avrebbe la forza del diritto internazionale.

Il cessate il fuoco e l’applicazione della risoluzione 1701 prevedono: il ritiro totale dei combattenti di Hezbollah e del loro arsenale a nord della linea del fiume Litani; lo smantellamento delle loro fortificazioni e dei loro depositi di armi; il ritiro totale delle truppe israeliane; il ritorno delle popolazioni costrette a fuggire a condizione che non siano armate; il dispiegamento dell’esercito libanese, con diverse migliaia di nuovi elementi, e dell’Unifil, nelle regioni evacuate. Questi accordi sarebbero distribuiti su un periodo di prova di 60 giorni, al termine del quale, tecnicamente, la cessazione delle ostilità sarebbe nota come cessate il fuoco. Una tregua che sarebbe supervisionata da una commissione di cinque elementi: Libano-Israele- Unifil-Francia e Stati Uniti. La commissione sarebbe presieduta da un ufficiale americano del Centcom (United States Central Command, unità il cui obiettivo primario è la dissuasione dell’Iran). Anche in questo caso, però, il consenso potrebbe incrinarsi.

Un esito positivo dei colloqui e la tenuta di un atteso cessate il fuoco si riduce dunque alla buona fede dei protagonisti del conflitto. In cambio del ritiro a nord del fiume Litani, Hezbollah - e il Libano - chiedono in particolare che i caccia con la stella di David smettano di violare lo spazio aereo del Paese dei cedri. Secondo i militari libanesi, l’Unifil ha registrato 36mila violazioni dello dal 2006. Negli ambienti politici di Beirut si concorda sul fatto che la Risoluzione 1701 “è stata applicata molto male” da tutti, compresa la stessa forza internazionale, e si spera che da ora in avanti venga applicata più seriamente. Sempre che si raggiunta la sospirata tregua!

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