Islamabad: domani a processo Rimsha Masih, bambina disabile cristiana blasfema
Islamabad (AsiaNews) - Domani 13 settembre è in programma l'udienza del processo che vede alla sbarra Rimsha Masih, minorenne cattolica con problemi mentali, arrestata e incarcerata con l'accusa di blasfemia. Lo scorso 7 settembre i giudici hanno decretato il rilascio su cauzione della giovane, salutato con soddisfazione dalla leadership cristiana e dalla sua stessa famiglia in una intervista alla nostra agenzia (cfr. AsiaNews 07/09/2012 "Felice per la liberazione di mia figlia": ad AsiaNews, la gioia del padre di Rimsha Masih e Paul Bhatti: "felicità e soddisfazione" per il rilascio (su cauzione) di Rimsha Masih). Per la sua libertà sono state versate un milione di rupie (circa 9mila euro) e domani - alla scadenza dei 14 giorni di prolungamento delle indagini deciso dalla corte il 31 agosto - avrà inizio il procedimento vero e proprio a suo carico. In Pakistan si è scatenata una ridda di voci sulla possibile presenza in aula di Rimsha: se comparirà davanti ai giudici, verrà restituita la cauzione versata per farla uscire di cella. Tuttavia, restano alti i pericoli per la sua incolumità e qualcuno ritiene che, nonostante l'udienza prevista in regime di massima sicurezza, resterà nel luogo "protetto e tranquillo" dove è ospitata assieme ai genitori e ai fratelli.
Secondo alcuni si lavora per procedere all'espatrio della famiglia, perché sarebbero troppo elevati i pericoli nel caso di una permanenza in Pakistan. Una ipotesi respinta da leader religiosi musulmani interpellati da AsiaNews, secondo cui Rimsha è "figlia del Pakistan" e la sua vicenda diventerà un "caso esemplare di armonia interconfessionale". Paul Bhatti, consigliere speciale del premier per l'Armonia nazionale taglia corto e assicura che "rimarrà in Pakistan". Da sottolineare che la somma di un milione di rupie - una cifra molto elevata, se equiparata al reddito medio - fissata dal tribunale è causata anche dei timori (e delle voci) di una possibile fuga all'estero.
In una intervista diffusa ieri dal network statunitense Cnn, Rimsha Masih (nella foto col padre) ha smentito con forza "No, no" di aver bruciato parti di un libro contenenti versetti tratti dal Corano, puniti dalla legge sulla blasfemia in Pakistan col carcere a vita. La ragazza conferma che si tratta di false accuse, montate ad arte dall'imam Khalid Jadoon Chishti, arrestato dalla polizia come reale autore della profanazione del libro sacro dell'islam. Egli voleva incolpare i cristiani e scatenare una vendetta contro di loro, al fine di requisirne terreni e proprietà. "Sono spaventata - ha aggiunto la ragazza - e ho paura che qualcuno potrà ucciderci".
Interpellato da AsiaNews in merito al processo, il vescovo di Islamabad/Rawalpindi, mons. Rufin Anthony, sottolinea che il caso "costituisce una pietra miliare" per la giustizia pakistana, per "parlare delle riforme necessarie alle leggi sulla blasfemia". Il prelato aggiunge che la ragazzina "è spaventata" e l'intera vicenda "ha lasciato grossi traumi in lei". Egli aggiunge che "l'intera famiglia teme per la propria incolumità". Resta comunque il fatto, conclude mons. Anthony, che "Rimsha è innocente e va immediatamente prosciolta da ogni accusa".
Maulana Mehfooz Ahmed Khan, esperto di legge islamica, tiene a sottolineare il legame fra la ragazzina e il Paese che le ha dato i natali, che si preoccupa anche di garantire la sicurezza. "Rimsha e la sua famiglia - afferma ad AsiaNews - sono al riparo in Pakistan, [Rimsha] è una figlia del Pakistan". A suo avviso, la famiglia "può tornare a vivere nel sobborgo" di appartenenza e "non dovrà fuggire all'estero" come peraltro hanno loro stessi auspicato. "Le persone che cercano di spedirla all'estero - conclude il leader islamico - stanno in qualche modo cospirando contro il Pakistan. Useremo questa vicenda, come caso esemplare di armonia interconfessionale".
07/09/2012