Islamabad: decine di politici abbandonano il partito di Imran Khan
L'ex premier accusa il governo e l'esercito di aver esercitato pressioni sui membri del Pakistan Tehreek-e Insaf. Il ministro della Difesa ha ipotizzato di mettere al bando la formazione politica per le violenze delle proteste scoppiate il 9 maggio. Nel frattempo passano in sordina i temi che dovrebbero essere centrali prima delle elezioni previste a ottobre.
Islamabad (AsiaNews) - Decine di politici appartenenti al Pakistan Tehreek-e Insaf (Movimento per la giustizia del Pakistan o PTI) stanno abbandonando il partito mentre il governo cerca di riportare ordine nel Paese dopo le proteste violente scoppiate il 9 maggio in seguito all’arresto dell’ex primo ministro Imran Khan.
"Ho deciso di prendermi una pausa dalla politica”, ha scritto ieri su Twitter il vicepresidente Fawad Chaudhry. “Quindi mi sono dimesso dalla carica di partito e mi sono separato da Imran Khan". Qualche ora dopo, durante una conferenza stampa nella capitale Islamabad, anche Asad Umar, segretario generale del PTI, ha annunciato che avrebbe abbandonato il suo ruolo pur restando membro del partito: “Alla luce degli eventi del 9 maggio, è insostenibile per me continuare nella posizione di leadership del partito, quindi mi dimetto dalla carica di segretario generale e dalla mia appartenenza al comitato centrale”. Le sue affermazioni sono arrivate insieme al suo rilascio dopo due settimane passate in carcere.
Il giorno precedente anche la ex ministra dei Diritti umani, Shireen Mazari, arrestata più volte a partire dal 12 maggio, ha condannato la violenza dei manifestanti e ha detto che non continuerà a fare politica: “I continui rilasci e arresti e il calvario a cui è stata sottoposta mia figlia Imaan hanno avuto un impatto anche sulla mia salute. Per questi motivi, ho deciso di abbandonare la politica attiva. E voglio aggiungere che da oggi in poi non farò parte del PTI o di qualsiasi altro partito politico”. Anche altri politici locali hanno abbandonato la formazione, denunciando le violenze del 9 maggio e sottolineando di non aver subito pressioni nella loro scelta.
Con un tweet pungente e un’allusione non troppo velata Imran Khan ha invece accusato il governo di essere dietro alle diserzioni dei membri del suo partito: “Tutti abbiamo sentito parlare di matrimoni forzati in Pakistan, ma per il PTI è emerso un nuovo fenomeno, i divorzi forzati”. L'ex capitano di cricket ritiene inoltre che il capo dell’esercito, il generale Asim Munir, abbia ordinato il suo arresto per tentare di farlo fuori. Da quando ad aprile dello scorso anno è stato sfiduciato dal Parlamento, Imran Khan ha ripetutamente criticato i militari e l’attuale governo, accusandoli di aver tentato di ucciderlo dopo che a novembre, durante una manifestazione, è stato vittima di spari che lo hanno colpito a una gamba.
Nelle scorse settimane i sostenitori del PTI che chiedevano il rilascio dell'ex premier hanno preso d’assalto anche i quartieri generali dell'esercito e diverse sedi governative. Islamabad sta prendendo provvedimenti: alcuni i dipartimenti di polizia locale, per esempio, hanno inviato al governo centrale i nomi di centinaia di affiliati al PTI affinché vengono loro imposte restrizioni ai viaggi in modo da impedire loro di lasciare il Paese, mentre nel Punjab e nel Khyber Pakhtunkhwa - dove devono tenersi le elezioni per le Assemblee provinciali e il PTI è particolarmente popolare - sono state formate squadre per arrestare gli attivisti e i leader del partito di Imran Khan, che nel frattempo deve affrontare decine di capi di accusa riguardanti il periodo in cui è stato premier.
Nei giorni scorsi il suo rilascio è stato ordinato dalla Corte suprema del Pakistan, che sta tentando di mantenere una parvenza di Stato di diritto, mentre il contesto politico si fa sempre più incerto: nei giorni scorsi il ministro della Difesa, Khawaja Asif, ha ipotizzato di mettere al bando il PTI, rischiando di esacerbare ancora di più il conflitto tra Imran Khan e l’establishment militare.
Secondo alcuni commentatori le votazioni nazionali previste a ottobre potrebbero essere un’occasione per il Paese per ripartire se l’esercito pakistano decidesse di farsi da parte. Allo stesso tempo, però, l’attuale crisi ricorda periodi precedenti già vissuti dal Pakistan, dove i generali hanno governato in maniera diretta per tre decenni e si sono poi fatti da parte, ma sempre manovrando i fili della politica da dietro le quinte.
Nel frattempo stanno passando in sordina diversi temi che dovrebbero essere centrali in campagna elettorale: l’economia vicina al collasso e il rischio di default sul debito internazionale, l’aumento dell’inflazione al 35% e la svalutazione della rupia, il ritorno del terrorismo in alcune aree del Paese e la ripresa delle zone colpite dalle alluvioni la scorsa estate, che a quasi un anno di distanza continuano ad avere bisogno di aiuti.
21/10/2022 12:28
28/06/2023 13:30