Islamabad, Corte Suprema contro Imran Khan: illegittimo lo scioglimento del parlamento
Dichiarato incostituzionale l'atto con cui è stato cancellato il voto di sfiducia sulla base di un presunto "complotto straniero" attribuito dal premier pachistano agli Stati Uniti. La Corte ha reintegrato l'Assemblea nazionale riconvovcata per il 9 aprile per il voto di sfiducia. Verdetto giunto a tarda sera in un clima molto teso.
Islamabad (AsiaNews) – La Corte Suprema del Pakistan ha dichiarato incostituzionale l’atto con cui il vice-presidente del parlamento ha cancellato il voto di sfiducia contro il governo di Imran Khan giudicandolo ispirato da un “complotto straniero”. Di conseguenza anche lo scioglimento del parlamento decretato dal presidente pachistano Arif Alvi è incostituzionale e l’Assemblea nazionale deve essere reintegrata nelle sue funzioni. I giudici hanno riconvocato il parlamento per il 9 aprile per una sessione che non potrà essere aggiornata prima del voto sulla mozione di sfiducia.
La decisione è stata annunciata in serata in un clima molto teso a Islamabad al termine di quattro giorni di audizioni condotti da un collegio di cinque giudici guidato dal presidente della Corte Suprema pachistana Umar Atal Bandial. Il verdetto è stato adottato dai cinque giudici all’unanimità.
La crisi costituzionale era stata aperta dalle accuse di Imran Khan secondo cui, dietro alla mozione di sfiducia presentata contro il suo governo ormai privo di una maggioranza, vi sarebbe la mano di “potenze straniere” irritate per le sue scelte di politica estera, che l’hanno portato il mese scorso a Mosca nel pieno dell’invasione russa dell’Ucraina e l’hanno visto in questi anni accrescere sempre di più la dipendenza economica da Pechino raffreddando - al contrario – l’asse militare con Washington. Il leader del Pakistan Tehreek-e-Insaf aveva espressamente puntato il dito contro un diplomatico americano - Donald Lu, assistente del segretario di Stato con la delega all’Asia Meridionale e Centrale - che a suo dire avrebbe minacciato “conseguenze” se il suo governo avesse superato il voto di sfiducia. Parole a cui il capo dell’esercito pachistano - il generale Qamar Javed Bajwa – aveva risposto indirettamente, condannando l’invasione russa dell’Ucraina e ricordando le “storiche ed eccellenti relazioni strategiche con gli Stati Uniti”
Il 3 aprile il vice-presidente del parlamento Qasim Khan Suri - un alleato di Imran Khan – aveva infine cancellato il voto sulla mozione contro il governo, appellandosi all’articolo 5 della Costituzione pachistana che afferma il principio della “lealtà nei confronti dello Stato” che - a suo dire - i deputati che hanno lasciato la coalizione guidata dal Pakistan Tehreek-e-Insaf avrebbero violato. Subito dopo era stato il presidente pachistano Arif Alvi – anche lui un esponente del Pakistan Tehreek-e-Insaf – a decretare lo scioglimento del parlamento “accogliendo il consiglio del premier”, indicendo nuove elezioni da tenersi entro 90 giorni. Una mossa contestata dalle opposizioni e che la stessa Corte Suprema autonomamente aveva messo sotto esame.
Da parte sua la Commissione elettorale aveva già rigettato la richiesta del presidente Alvi di indicare una data per il voto “entro 90 giorni”. La Commissione sostiene che in ogni caso le elezioni non potrebbero svolgersi “in maniera onesta, giusta ed equa” prima di ottobre, dal momento che il governo stesso non ha completato l’iter per la ridefinizione dei confini dei collegi elettorali, passaggio richiesto dai risultati dell’ultimo censimento e dalla scelta approvata dal parlamento pachistano con un emendamento alla Costituzione che prevede l’aumento dei seggi per i deputati eletti nella provincia nord-occidentale del Khyber Pakhtunkhwa.
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