Iraq: cambiamenti climatici, come la guerra, nello sfollamento di intere comunità
Un fenomeno prima evidente nel nord e che ora si avverte anche nella parte a sud, nell’area di confluenza di Tigri ed Eufrate. Secondo l’Onu è il quinto Paese al mondo per vulnerabilità ai mutamenti del clima, oltre 130mila persone hanno perso terre e case. Nel 2023 il 25% dei piccoli imprenditori agricoltori nella piana di Ninive ha dovuto rinunciare al raccolto.
Baghdad (AsiaNews) - I cambiamenti climatici, dopo gli anni di guerra e violenze confessionali, quale causa di un progressivo sfollamento di una parte della popolazione. Succede anche questo in Iraq come emerge da uno studio del Norwegian Refugee Council (Nrc), secondo cui effetti del surriscaldamento globale e modifiche dell’ecosistema ambientale hanno spinto intere comunità a lasciare la propria terra. Un fenomeno evidente al nord, nella piana di Ninive già teatro nell’estate del 2014 della fuga di centinaia di migliaia di persone per l’ascesa dello Stato islamico, poi sconfitto tre anni più tardi (almeno sul piano militare). Tuttavia, da qualche tempo si registrano casi di esodo anche al sud, in particolare nell’area in cui si incontrano i fiumi Tigri ed Eufrate.
Il tema ambientale è di attualità in queste settimane, soprattutto nella regione mediorientale dove è in corso fino a domani la Cop28, conferenza Onu sul clima a Dubai (Eau), elemento diventato ormai terreno di missione e incontro con le altre fedi, a partire dall’islam. A meno di 24 dalla conclusione, il responsabile Onu per il clima Simon Stiell ha esortato le nazioni partecipanti a mediare per il raggiungimento di un accordo finale, ancora lontano a fronte di alcuni progressi nelle trattative. L’alto funzionario avverte che “ogni passo indietro” sui traguardi posti alla vigilia “costerà diversi milioni di vite” umane e tocca alla presidenza (gli Emirati Arabi Uniti) mediare per una bozza condivisa che dovrebbe poi diventare “l’accordo finale” tanto auspicato. Due le questioni chiave: portata e ambizione degli obiettivi in tema di cambiamento climatico, finanziamenti e sostegni da stanziare per centrare il traguardo.
Tornando allo studio Nrc di 16 pagine, esso è intitolato “Inadeguatezza e disuguaglianza: carenza idrica e sfollamento in Iraq”. Al suo interno viene illustrato nel dettaglio l’impatto degli eventi naturali, a partire dalla siccità, su intere comunità costrette a lasciare case e terre, a nord e nell’ovest. Le Nazioni Unite hanno classificato l’Iraq come il quinto Paese più vulnerabile al mondo agli effetti del cambiamento climatico e la diminuzione dei livelli di acqua, sommata all’aumento delle temperature, sono due fra gli impatti più immediati di questa deriva che sembra inarrestabile.
“Il clima iracheno - sottolinea il rapporto Nrc pubblicato il 3 dicembre scorso - sta cambiando più velocemente di quanto la gente possa adattarsi a esso”. Inoltre, è cresciuta anche la percentuale di intervistati [su 1079 persone consultate] che dicono di essere sfollati a causa della siccità, con il dato che passa “dal 2 al 5% su scala nazionale” con la piana di Ninive fra le aree critiche. “Tutti i miei vicini se ne sono andati” ha dichiarato Abu Rashid, residente nella provincia e fra gli intervistati, il quale aggiunge di essere diventato un “lavoratore giornaliero” alle dipendenze di un imprenditore agricolo proprietario di una fattoria.
Tuttavia anche il sud, dove confluiscono i due fiumi principali del Paese, il Tigri e l'Eufrate, è soggetto a progressivo sfollamento a causa del clima. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), citata da Nrc, 130mila iracheni hanno perso le loro case e terre per i cambiamenti climatici. L’organismo Onu ha valutato anche altre aree che non erano mai state prese in esame in precedenza, sempre al sud, attribuendo a questo fattore parte degli aumenti rispetto a un dato precedente di 80mila. Secondo il rapporto, due terzi degli sfollati nel sud hanno avuto luogo nei centri urbani, mentre ancora oggi 1,2 milioni di abitanti risultano sfollati a causa delle guerre e delle violenze confessionali, trovando rifugio in larga maggioranza nel Kurdistan. L’emergenza climatica, dunque, va a sommarsi ad altre emergenze in atto contribuendo ad aggravare ancora di più una situazione già precaria.
Infine, il rapporto rileva che il 60% degli agricoltori intervistati ad Anbar, Kirkuk, Ninive e Salahuddin è stato costretto a coltivare meno terra o a utilizzare meno acqua durante la stagione agricola 2023, e quattro su cinque ha dovuto ridurre la spesa alimentare. L’80% degli intervistati a Ninive e Kirkuk ha dovuto ridurre la spesa alimentare, cioè l’importo dedicato al consumo personale, negli ultimi 12 mesi. E il 25% dei piccoli imprenditori agricoltori di Sinjar e Ba'aj, a Ninive, ha dovuto rinunciare all’agricoltura quest’anno. Parte delle difficoltà incontrate dall’industria agricola irachena, conclude lo studio, sono dovute ai bassi livelli di acqua.
(Foto tratta dal sito delle Nazioni Unite)
03/07/2023 12:32