17/07/2024, 12.27
IRAQ - CINA
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Iraq: monta la protesta per tagli alle forniture elettriche, rischio caos

Escalation di manifestazioni a Diwaniyah e Najaf per le interruzioni, in una fase di caldo record con temperature attorno a 50 gradi. La polizia risponde con gas lacrimogeni e munizioni. Il timore è di una protesta di massa come nel 2019. A Nassiriya la Cina costruirà un aeroporto civile da 2,5 milioni di passeggeri all’anno, rafforzando la partnership con Baghdad. 

Baghdad (AsiaNews) - In Iraq si preannuncia un’estate rovente e non solo per il clima: a surriscaldare piazze già in fermento, infatti, sono gli ultimi tagli alle forniture elettriche in una fase di caldo intenso, con temperature che si avvicinano - e superano - regolarmente i 50 gradi, alimentando il malcontento di una popolazione critica verso la leadership. Le ultime manifestazioni si sono registrate nel fine settimana, ma altre si prospettano per i prossimi giorni. Epicentro delle proteste le città di Diwaniyah e Najaf, nel centro e nel sud, con attivisti e giovani che hanno bruciato pneumatici e la polizia che, in risposta, ha sparato gas lacrimogeni e munizioni vere per disperdere la folla.

Secondo l’emittente tv indipendente Al-Sumaria centinaia di abitanti del luogo hanno partecipato alle dimostrazioni della sera del 14 luglio a Diwaniyah, lamentando “iniquità” e “favoritismi” nella distribuzione della corrente elettrica nell’area. “La manifestazione è iniziata nel quartiere di Shamiya bloccando la strada Diwaniyah-Najaf, per dimostrare contro il deterioramento dei servizi e l’interruzione dell'energia elettrica” ha dichiarato una fonte della sicurezza. Il giorno successivo scene analoghe si sono ripetute nel quartiere Shafiiyya, dove sono stati bruciati pneumatici.

Ammar al-Khazaaly, attivista che ha preso parte alle proteste di Diwaniyah, ha dichiarato a Middle East Eye (Mme) che la popolazione è scesa in piazza anche per denunciare la “repressione” delle forze dell’ordine, che hanno sparato gas lacrimogeni e proiettili vivi, provocando “ferite minori”. Al momento la portata del malcontento è inferiore a quello che, nell’ottobre 2019, ha scosso l’Iraq causando settimane di blocchi e una durissima repressione delle autorità di Baghdad, ma l’ira popolare è ancora palpabile. “Sono manifestazioni locali e regionali” ma fra la gente in piazza vi sono sia attivisti che altri uniti solo nell’ultimo periodo. “I numeri sono più bassi rispetto alle proteste precedenti, restano consistenti” e non è da escludere un’escalation. 

Il malcontento popolare non ha risparmiato Najaf, in particolare i distretti di Haidariya e Ghamas, che si trova tra Diwaniyah e Najaf, dove i manifestanti sono stati feriti proiettili esplosi dagli agenti ad altezza uomo. I filmati delle proteste degli ultimi giorni hanno mostrato i manifestanti intonare slogan fra cui “nessuno può battere la rivoluzione di Husseiniyah!”, con riferimento al nipote del Profeta Maometto, il cui martirio nella battaglia di Karbala del 680 è un evento spirituale fondamentale per gli sciiti ed è spesso citato dai manifestanti per i quali è un simbolo di lotta. 

A conferma delle criticità, il quotidiano Al-Sabah ha citato l’ufficio del governatorato di Diwaniyah il quale afferma che si sta cercando di ottenere una fornitura di elettricità “affidabile” per coprire il fabbisogno di 850 megawatt di elettricità. Al momento si registrano ripetute interruzioni, con sole due ore di fornitura di elettricità. Le proteste contro le interruzioni sono diventate una norma nel Paese durante i mesi estivi, soprattutto da quando la fine della guerra contro lo Stato Islamico (SI, ex Isis) ha reso meno pericolosi gli assembramenti pubblici.

Sebbene l’Iraq sia un Paese ricco di risorse, una combinazione di corruzione e infrastrutture fatiscenti ha lasciato molti senza accesso all’elettricità, vitale in uno dei luoghi più caldi della Terra nella stagione estiva. Gruppi ambientalisti avvertono che, a causa dei cambiamenti climatici, gran parte del Paese potrebbe diventare inabitabile nei prossimi anni e che la richiesta di investimenti in infrastrutture per far fronte all'aumento delle temperature non potrà che aumentare. E, di pari passo, aumenterà la prospettiva di proteste di massa come avvenuto nell’ottobre 2019, represse con brutalità dalla polizia e poi “congelate” dalla pandemia di Covid-19. 

Intanto per rafforzare le infrastrutture e i collegamenti Baghdad sta finalizzando un contratto con una compagnia cinese per la costruzione di un nuovo aeroporto a Nassiriya, nel sud del Paese, ulteriore conferma del crescente interesse di Pechino per il Medio oriente. Il ministero iracheno dei Trasporti ha confermato la firma per la realizzazione dello scalo con la China State Construction Engineering e un altro per la costruzione dell’aeroporto con la turca Kiklop Design Hertz Insaat.

Secondo il progetto, la struttura sarà pronta entro il 2025, dovrebbe ospitare 2,5 milioni di passeggeri all’anno e sarà dotata di una strada di 25 chilometri che lo collegherà a parti della provincia. Attualmente vi è un aeroporto militare, ma non sono disponibili voli passeggeri. Pechino è il principale acquirente di greggio iracheno e le imprese cinesi gestiscono attualmente due terzi della produzione petrolifera del Paese. Nel 2019 Iraq e Cina hanno firmato un accordo “petrolio per infrastrutture”, in base al quale i progetti di costruzione nel Paese sono finanziati dalla vendita di 100mila barili di petrolio al giorno alla Repubblica popolare.

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