Inondazioni e valanghe: 15 morti e migliaia di sfollati. Cristiani in prima linea nei soccorsi
Il distretto più colpito è quello meridionale di Saptari. Le inondazioni aggravate dalle dighe costruite dall’India per evitare allagamenti dalla sua parte del confine. La Caritas distribuisce cibo, vestiti e medicinali. Rischio di diffusione di epidemie.
Kathmandu (AsiaNews) – Almeno 15 persone sono morte e migliaia di altre sfollate nel sud del Nepal, a causa degli allagamenti e delle frane dovute alle piogge monsoniche. Come ogni anno, in questo periodo il Paese è flagellato dalle precipitazioni, che non riescono ad essere assorbite dal terreno. Il motivo, ha spiegato Krishna Bahadur Katuwal, amministratore capo del distretto di Saptari (il più colpito), “è il sistema di dighe costruite al confine dall’India, in modo da prevenire gli allagamenti dalla sua parte”. Di fronte a questa emergenza, la Caritas si è subito attivata per portare soccorso a tutti, senza distinzione di credo. P. Silas Bogati, direttore di Caritas Nepal, afferma: “Stiamo dando sostegno alle persone bisognose e in difficoltà senza fare discriminazioni. Diamo immediato aiuto a persone di ogni fede”.
L’amministratore Katuwal riferisce che “molte zone densamente abitate, tra cui Bhediya e Mayanakaredi, sono completamente sott’acqua. Le piccole capanne e le merci galleggiano in superficie. Più di 100 famiglie sono sfollate, le mandrie sono state spazzate via e la gente non ha più cibo e vestiti”. P. Bogati aggiunge: “Continueremo a portare soccorso alle vittime secondo le nostre risorse e disponibilità”. Al momento, riferisce il volontario Prakash Khadka, “stiamo distribuendo cibo, vestiti e medicine”.
Data la conformazione del territorio, l’acqua proveniente dalle montagne dovrebbe defluire nelle aree pianeggianti della parte meridionale del Paese, e lì essere assorbita dal suolo. Questo però non avviene a causa degli sbarramenti costruiti dall’India e l’acqua finisce per ristagnare e sommergere le abitazioni.
Ram Jivan Yadav, uno dei sopravvissuti, dichiara: “Ho tre figli e mia moglie è incinta. Non facciamo un pasto normale da cinque giorni e sopravviviamo solo grazie al sostegno delle organizzazioni di soccorso. Noi siamo di fede indù, ma i cristiani ci stanno dando protezione”. Un’altra vittima, Kusuni Devi, racconta di aver “perso tutti i miei beni e la mia casa è stata inondata. Sono scappato e ora molti di noi temono per le malattie che potrebbero iniziare a diffondersi”.
In effetti le fasce più a rischio della popolazione – bambini piccoli, donne incinte e anziani – stanno già iniziando a manifestare i primi sintomi di malanni. Binod Parajuli, direttore del Centro per la gestione dei disastri, afferma: “Il problema è diffuso in tutto il Paese. Noi abbiamo capacità molto limitate. Tutte le organizzazioni cristiane e non governative ci stanno aiutando. Abbiamo anche chiesto al governo di intervenire sull’India, affinchè essa minimizzi le perdite”.
20/09/2017 12:22