Iniziata l’evacuazione di quattro cittadine siriane sotto assedio
Si tratta di Foah e Kefraya, sotto il controllo del governo, e di Madaya e Zabadani, roccaforte dei ribelli. Le operazioni frutto di un accordo siglato da Qatar e Iran il mese scorso. Onu: nelle aree assediate situazione “catastrofica”, Migliaia di civili “intrappolati in un circolo quotidiano di violenza e privazioni”.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Il governo siriano e le forze ribelli hanno iniziato questa mattina un'imponente operazione per evacuare quattro cittadine, da tempo sotto assedio. Gli abitanti di Foah e Kefraya, due aree controllate dal governo nel nord-ovest del Paese, sono giunti a Rashideen, sobborgo a ovest di Aleppo, seconda città per importanza della Siria e da fine dicembre sotto il completo controllo di Damasco.
Una simile operazione è iniziata anche nelle cittadine di Madaya e Zabadani, nella periferia della capitale, dove civili e combattenti stanno lasciando la zona; entrambe sono roccaforti delle milizie che combattono il presidente Bashar al-Assad.
Madaya, in particolare, è stato oggetto di denunce in passato - fra cui l’appello del card Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria - per i massacri che si stavano consumando al suo interno.
Le operazioni di evacuazione coinvolgono circa 30mila persone e sono iniziate grazie all’accordo raggiunto a marzo da Qatar, vicino ai ribelli, e Iran, alleato del governo di Damasco. Esso prevede inoltre uno scambio di prigionieri fra miliziani e forze governative.
Secondo quanto riferisce l’Afp, a Rashideen sono giunti un totale di 80 pullman provenienti dalla provincia di Idlib. Le operazioni di sgombero delle aree sotto assedio “sono iniziate questa mattina”.
L’applicazione dell’accordo, raggiunto il mese scorso, è slittata più volte a causa di ostacoli e contrapposizioni fra i due campi e per l’attacco “chimico” contro la cittadina di Khan Sheikhoun, nella provincia di Idlib, controllata dai ribelli, la scorsa settimana.
Di recente le Nazioni Unite hanno denunciato le condizioni di vita all’interno delle cittadine sotto assedio, parlando di una situazione “catastrofica” e di oltre 64mila civili “intrappolati in un circolo quotidiano di violenza e privazioni”. Molte persone sarebbero decedute per mancanza di cibo e di medicine.
Foah e Kefraya, i cui residenti sono in gran parte musulmani sciiti, sono dal marzo 2015 sotto l’assedio congiunto di ribelli e milizie jihadiste sunnite legate ad al Qaeda. Madaya e Zabadani, a maggioranza sunnita, sono dal giugno 2015 nel mirino dell’esercito governativo e dei miliziani di Hezbollah, il movimento filo-sciita libanese.
Ancora oggi in Siria fino a 4,7 milioni di persone vivono in aree isolate o difficili da raggiungere. Fra questi vi sono 644mila abitanti di cittadine che, secondo l’Onu, sono “zone sotto assedio”.
Intanto a Mosca si stanno per incontrare i ministri degli Esteri di Russia, Siria e Iran per il primo incontro fra i tre alleati dal lancio di 59 missili da parte degli Stati Uniti contro una base aerea dell’esercito di Damasco nei pressi di Homs. Un raid deciso da Washington in risposta all’attacco chimico alla cittadina ribelle di Khan Sheikhoun, che ha causato oltre 80 morti e che l’Occidente imputa all’esercito governativo.
Ieri è giunta la replica del presidente siriano Assad, che in un’intervista ha negato ogni addebito e ha parlato di accuse “prefabbricate”. Sulla vicenda, peraltro, non vi sono verifiche indipendenti.
Nell’incontro di oggi nella capitale russa si valuteranno le mosse successive, fra cui una contro-indagine che dimostri l’estraneità di Damasco nell’attacco chimico.
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