Inizia oggi il difficile cammino per la scelta del nuovo presidente della Repubblica libanese
Beirut (AsiaNews) - Con un previsto nulla di fatto si apre oggi a Beirut il cammino per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica, che dovrebbe essere in carica entro il 25 maggio, quando l'attuale capo dello Stato, Michel Suleiman lascerà palazzo Baabda. E' infatti ritenuto molto improbabile che uno dei candidati che oggi chiederanno il voto del parlamento ottenga la necessaria maggioranza dei due terzi dei 128 deputati. Le previsioni sono di un massimo di 51 voti per Samir Geagea, capo delle Forze libanesi e candidato della coalizione del "14 marzo", di un massimo di 16 proferenze per Henri Helou, indicato dal National Struggle Front di Walid Jumblat e di oltre 56 schede bianche, in massima parte della coalizione "8 marzo".
Nessuno degli attuali candidati, a sentire quanto dicono in parlamento, ha la possibilità di arrivare neppure quando la maggioranza richiesta sarà solo quella assoluta, ossia di almeno teorici 65 voti. Di qui la necessità di arrivare a un candidato "di consenso", ossia concordato dagli opposti schieramenti. E la scelta deve cadere su un cristiano, in quanto, in base al Patto nazionale del 1943, il presidente della Repubblica deve essere cristiano, il capo del governo musulmano sunnita e il presidente del parlamento musulmano sciita.
Nella prospettiva del "consenso" Jumblat ha presentato Helou che, secondo fonti di An Nahar, non aveva programmato la presentazione della propria candidatura. Nella stessa prospettiva si propone Robert Ghanem.
Se, come previsto, oggi non si arriverà all'elezione, si aprirà dunque la ricerca di un candidato "di consenso" da parte degli opposti schieramenti. E già oggi, il ministro del lavoro Sejaan Qazzi ha annunciato che il capo del partito Kataeb, Amin Gemayel, si presenterà al secondo giro di votazioni. In proposito, oggi As Safir definisce Gemayel "il candidato naturale per la seconda sessione parlamentare, se Geagea non avrà i voti necessari". Sul fronte opposto, Michel Aoun, leader del Free Patriotic Movement, alleato di Hezbollah, ha più volte detto che non avrebbe annunciato la sua candidatura se le opposte coalizioni non avessero raggiunto un accordo sul suo nome.
Un accordo che il presidente del parlamento, Nabih Berri, avrebbe detto che vuole sia raggiunto per convocare la seconda sessione di voto. Al-Joumhouria scrive oggi che Berri ha detto di essere pronto a convocare i deputati venerdì pomeriggio o durante il week end se avrà la sensazione che un accordo è possibile, ma che non lo farà se vedrà che le opposte coalizioni non hanno trovato un candidato comune.
Una ricerca nella quale, storicamente, hanno pesato non poco le pressioni di vicini (Arabia Saudita da una parte, Iran e Siria dall'altra) e lontani (Stati Uniti e Francia da un lato, Russia dall'altro). In proposito, oggi L'Orient Le Jour scrive che anche se "i contorni del feuilleton presidenziale sono tutti tracciati" bisogna riconoscere che "per la prima volta dopo la guerra civile, gli attori politici cercano, questa volta, di dare l'impressione di voler 'giocare il gioco', di essere meno permeabili alle parole d'ordine che vengono dal di fuori, in modo da far sì che il processo elettorale assomigli, più o meno, a una competizione democratica".