Indonesia, allo sviluppo politico e sociale "serve una classe dirigente cattolica"
Jakarta (AsiaNews) - La politica non è solo una serie, a volte "poco pulita", di compromessi o "strategie" per la conquista del potere, come appare sempre più evidente nell'immaginario comune. In realtà è amministrazione quotidiana della "cosa pubblica" e tocca in modo diretto le vite dei cittadini. Per questo gli uomini di affari e le personalità cattoliche indonesiane non devono essere "traumatizzate" dalla parola "politica" perché essa, al contrario, "dovrebbe diventare la nostra principale fonte di preoccupazione". È quanto afferma Harry Tjan Silalahi, membro di primo piano del Centre Strategic and International Studies (Csis), con sede a Central Jakarta. "Come cattolici - sottolinea nel corso di un incontro pubblico davanti a dozzine di fedeli - non possiamo più nasconderci, a maggior ragione oggi che tutti gli aspetti della vita sociale sono controllati e gestiti dai politici in Parlamento e al governo".
Il forum (nella foto) è stato promosso e organizzato da Pukat Kaj - associazione istituita dall'arcidiocesi di Jakarta che riunisce gli uomini di affari dell'area - il primo novembre scorso, per discutere delle elezioni generali in programma nel 2014. In occasione del voto verranno scelti in nuovo presidente e il futuro esecutivo. Per molti indonesiani è un anno "cruciale", perché il nuovo capo di Stato dovrà indirizzare le politiche economiche, sociali e religiose per il prossimo quinquennio 2014-2019.
Sebbene ad oggi sia ancora molto difficile identificare la prossima figura che sarà chiamata a guidare la nazione, per il leader cattolico Tjan Silalahi si possono già delineare alcuni "pre-requisiti" fondamentali. "Deve essere una figura nazionalista - spiega - e un uomo per tutti, incluse le minoranze religiose". Egli guarda all'attuale governatore di Jakarta Joko "Jokowi" Widodo e all'ex capo delle Forze armate speciali gen. Prabowo Subianto. Tuttavia, aggiunge, il primo manca di una vera e propria "macchina politica" in grado di sostenerne la candidatura, mentre sul secondo pesano le incertezze sul nome del partito col quale dovrebbe fare un accordo di coalizione.
Un altro analista del Csis, J. Kristiadi, rilancia l'invito alla partecipazione politica dei cristiani, che non devono a suo avviso subire "la sindrome da complesso di inferiorità", in quanto membri di una minoranza religiosa. Se vi sono personalità di primo piano e con la giusta caratura perché - aggiunge - "dovremmo sentirci inferiori" e rinunciare alla partecipazione attiva. Il pensiero dei due cattolici va a Ignatius Joseph Kasimo (1900-1986), già presidente del Partito cattolico e ministro del Commercio sotto la presidenza Sukarno, nel novembre 2011 proclamato eroe nazionale. A dispetto del fisico minuto, spiegano, egli era un gigante della politica e manca una figura simile nel panorama politico attuale. Per questo la Chiesa lavora e lavorerà nel futuro prossimo alla formazione di una classe dirigente cattolica di primo piano, che possa contribuire in maniera attiva allo sviluppo del Paese.
In Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, i cattolici sono una piccola minoranza composta da circa sette milioni di persone, pari al 3% circa della popolazione totale. Nella sola arcidiocesi di Jakarta, i fedeli raggiungono il 3,6% della popolazione. La Costituzione sancisce la libertà religiosa, tuttavia la comunità è vittima di episodi di violenze e abusi, soprattutto nelle aree in cui è più radicata la visione estremista dell'islam, come ad Aceh. Essi sono una parte attiva nella società e contribuiscono allo sviluppo della nazione o all'opera di aiuti durante le emergenze, come avvenuto per in occasione della devastante alluvione del gennaio scorso.