India, il governo punisce il ‘divorzio breve’ islamico. La gioia delle musulmane
Le associazioni di donne musulmane chiedono di uniformare il codice civile in tema di diritto matrimoniale. Una legge è ferma nella Camera alta del Parlamento, bloccata dai contrasti tra i partiti. Il divorzio verbale istantaneo verrà punito con tre anni di reclusione.
New Delhi (AsiaNews) – Le donne musulmane dell’India “accolgono con favore il decreto firmato ieri dal governo dell’Unione che rende illegale il divorzio breve islamico (triplo talaq) e lo punisce con tre anni di reclusione”. Lo afferma ad AsiaNews Zakia Soman, cofondatrice del Bharatiya Muslim Mahila Andolan (Bmma), l’associazione di donne islamiche che da anni si batte per eliminare la pratica del triplo talaq, o divorzio verbale istantaneo, e chiede un codice civile uniforme in tema di diritto matrimoniale.
Shaista Ambar, presidente della All India Muslim Women Personal Law Board, un’altra associazione impegnata nella stessa lotta, conferma: “Accogliamo con favore la scelta. Abbiamo raccolto circa 40mila firme e le abbiamo presentate al presidente”. Per la donna, “l’ordinanza risponde ai dettami del Corano”.
L’India è uno dei pochi Paesi al mondo in cui è ancora in vigore la legge islamica in tema di unioni. Da tempo le donne lamentano che la pratica del divorzio verbale produce gravi discriminazioni, lasciandole in balia dei capricci dei mariti. Questi spesso decidono di divorziare dalle mogli pronunciando semplicemente la parola “Talaq” (divorzio) per tre volte, e sono a tutti gli effetti liberi dai vincoli matrimoniali.
Shaista spiega che “il triplo talaq è un’usanza diffusa soprattutto in Asia del sud e si verifica spesso quando i mariti sono aggressivi e bevono molto. Essi abbandonano le mogli con semplici sms, telefonate o email. Anche se noi non siamo d’accordo, la maggior parte degli imam indiani hanno approvato una fatwa che lo definisce come valido”. La cosa peggiore, continua, “è che se un marito vuole riprendersi la moglie ripudiata, l’unico modo è attraverso la pratica dell’Halala, cioè le donne devono sposare un altro uomo, avere rapporti sessuali con lui e solo alla fine possono essere riaccolte dal primo marito”. Poi denuncia la corruzione di alcuni imam, “che per appena un dollaro sono disposti a firmare il certificato di divorzio”.
Nel 2016 la Bmma ha deciso di sfidare il sistema matrimoniale musulmano e ha presentato una petizione alla Corte suprema indiana. Con una sentenza dell’agosto 2017, i giudici hanno definito la pratica “incostituzionale”, lasciando però la definizione della materia nelle mani del Parlamento. A dicembre dello stesso anno la Camera bassa (Lok Sabha) ha messo fuori legge la pratica, prevedendo il carcere per i trasgressori.
L’associazione di donne lamenta da quel momento la legge, la Muslim Women (Protection of Rights on Marriage) Bill del 2017, è arenata nella Camera alta (Rajya Sabha) “per mancanza di consenso tra i partiti”. Intanto dati ufficiali riportano che tra settembre 2017 e settembre 2018 sono avvenuti almeno 430 episodi di divorzio verbale, di cui 220 sono sottoposti al giudizio della Corte suprema.
Nel tentativo di porre rimedio, ieri è intervenuto direttamente il governo, che ha definito la questione del triplo talaq una “emergenza costituzionale”. Con l’ordinanza ha stabilito alcune regole: il crimine sarà riconosciuto come tale solo se la denuncia verrà presentata dalla donna o da un parente consanguineo; il caso potrà essere sospeso solo se le due parti arriveranno ad un compromesso davanti al magistrato; il magistrato potrà stabilire il rilascio su cauzione solo dopo aver ascoltato il parere della moglie. Inoltre ad essa spetta la custodia dei figli e un assegno di mantenimento per lei e la prole.
Zakia Soman esprime apprezzamento e chiede che il Parlamento faccia un ulteriore passo in avanti: “Codificare una legge familiare islamica, così come ha già codificato le leggi sul matrimonio tra indù e tra cristiani”. Poi aggiunge: “La comunità musulmana è molto povera, carente dal punto di vista dell’istruzione e le donne sono le più danneggiate da questa società patriarcale che si serve di pratiche come il triplo talaq. Chiediamo protezione legale come cittadine uguali a tutti gli altri in un Paese democratico. Siamo grate al governo centrale per aver ascoltato la voce delle donne musulmane. Per troppo tempo siamo state discriminate, ci siamo sentite insicure e abbiamo avuto paura”.
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