30/08/2018, 13.09
INDIA
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India, arrestati cinque attivisti critici di Modi. Si vuole ‘creare una cultura del silenzio’

Sequestrati documenti, cellulari e pc per un totale di 25mila gigabytes di dati. La polizia accusa i difensori dei diritti umani di aver incitato le proteste dei dalit. Arrestato e rilasciato anche un sacerdote di Ranchi. Segretario dei vescovi: “Il dissenso è un valore per la democrazia”.

New Delhi (AsiaNews) – Con dei raid condotti in contemporanea in tutto il Paese, la polizia indiana ha arrestato cinque attivisti di primo piano e sequestrato dalle loro abitazioni decine di documenti, cellulari e pc, per un totale di 25mila gigabytes di dati. Gli intellettuali sono noti esponenti di sinistra, difensori dei diritti dei dalit e degli emarginati. E soprattutto, esprimono posizioni critiche nei confronti del governo nazionalista indù di Narendra Modi e delle campagne aggressive condotte dai seguaci dell’Hindutva per imporre l’unica ideologia e religione indù. Ad AsiaNews mons. Theodore Mascarenhas, segretario generale della Conferenza episcopale indiana (Cbci), dichiara: “È un attacco contro i diritti umani di questi attivisti”. Egli sottolinea che “gli arrestati difendono i dalit e i popoli indigeni” e ricorda quanto la Corte suprema indiana ha affermato ieri sera: “Il dissenso è un valore per la democrazia”.

Della stessa opinione anche Lenin Raghuvanshi, attivista per i dalit e direttore esecutivo del Peoples’ Vigilance Committee on Human Rights (Pvchr) di Varanasi. Egli denuncia: “Le forze fasciste dell’Hindutva vogliono creare una cultura del silenzio. Tutte le persone arrestate lavorano per affermare i diritti dei dalit, delle minoranze e dei tribali”.

La polizia ha perquisito le case degli attivisti tra la notte del 28 agosto e ieri. Gli arrestati sono: Varavara Rao, scrittore e poeta di Hyderabad; Sudha Bharadwaj, avvocato e segretaria della Chhattisgarh People’s Union for Civil Liberties; Gautam Navlakha, giornalista e attivista per il Kashmir; Vernon Gonsalves, scrittore di Mumbai; Arun Ferreira, avvocato di Mumbai accusato nel 2012 (e assolto) di complicità con i naxalite, i guerriglieri maoisti attivi nel nord-est dell’India. Gli agenti hanno anche arrestato e poi rilasciato altre quattro persone, tra cui p. Stan Lourdusamy (conosciuto come p. Stan Swamy), un sacerdote gesuita di Ranchi.

Le autorità li accusano di aver incitato la protesta dei dalit che nel gennaio scorso provò scontri e un morto. Gli ex “intoccabili” erano radunati nella città di Pune, nel Maharasthra, per commemorare i 200 anni della battaglia combattuta nel villaggio di Bhima-Koregaon, considerata la prima vittoria dei dalit contro l’oppressione dei padroni.

Le accuse delle autorità vanno dal terrorismo a oltraggio a pubblico ufficiale, disturbo della pace, cospirazione criminale e sostegno dell’ideologia maoista. Sul sacerdote arrestato e rilasciato, mons. Mascarenhas dichiara: “Non abbiamo capito le motivazioni del suo fermo. Egli è accusato di complicità con i fatti avvenuti nel Maharasthra, anche se egli vive nel Jharkhand. In questo Stato qualcuno non vuole che vengano difesi i diritti dei dalit e del popoli indigeni”. Poi denuncia: “Nei canali televisivi, chiunque esprima opinioni differenti viene accusato di essere contro la nazione. Invece io ritengo che gli antinazionali siano coloro che non rispettano la legge costituzionale”.

Alla diffusione della notizia degli arresti, in tutto il Paese sono state organizzate manifestazioni di protesta. Intellettuali e gente comune lamentano il tentativo di annientare l’opposizione critica nei confronti del governo centrale. Raghuvanshi riporta che “il Pvchr è profondamente scioccato per le perquisizioni e gli arresti arbitrari” e “condanna il modo in cui sono avvenuti”. Poi evidenzia: “Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un sistematico abuso dei procedimenti legali da parte del governo con l’obiettivo di diffamare i difensori dei diritti umani. Gli arresti arbitrari altro non sono che l’escalation della campagna del governo di infrangere il dissenso e criminalizzare persone o organizzazioni che fanno domande o si oppongono contro la violazione dei diritti fondamentali e dei diritti umani compiuta dallo Stato e dalle sue agenzie”. Ricordando la caratura morale degli attivisti fermati, “persone eccezionali, con senso d’integrità professionale e dedizione al pubblico servizio elevatissimi”, ne chiede l’immediato rilascio.

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