Il rosario di Francesco ad Hakamada, innocente per tanti anni nel braccio della morte
Proprio in queste ore difficili per la salute del pontefice il card. Kikuchi, arcivescovo di Tokyo, ha consegnato un dono del papa all’anziano ex detenuto giapponese scagionato dopo oltre mezzo secolo trascorso in carcere con l'accusa di omicidio. Nel 1984 aveva ricevuto il battesimo con il nome cristiano di Paolo.
Tokyo (AsiaNews/Agenzie) - Sono ore in cui il mondo intero è in ansia e prega per la salute di papa Francesco. Ma la debolezza fisica non ferma comunque i gesti di vicinanza del pontefice. Uno molto significativo l’ha reso noto ieri sul suo profilo social il card. Tarcisio Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo che è anche presidente di Caritas Internationalis. Il porporato ha infatti pubblicato sul suo profilo social una fotografia che lo ritrae insieme a Paul Iwao Hakamada, “il detenuto più longevo al mondo tra quelli che sono stati rinchiusi nel braccio della morte”. “Recentemente – racconta il card. Kikuchi - il Santo Padre ha inviato un messaggio e un rosario al signor Hakamada attraverso la Segreteria di Stato della Santa Sede. Glieli ho consegnati oggi”.
Hakamada - che oggi ha 88 anni – fu condannato nel 1968 per un omicidio che ha sempre sostenuto di non avere commesso. Finché il 26 settembre 2024, il Tribunale distrettuale di Shizuoka lo ha dichiarato non colpevole in un nuovo processo a lungo atteso. La Corte ha rilevato, infatti, che le prove utilizzate contro di lui erano state fabbricate dalla polizia dell'epoca. Il 9 ottobre 2024, poi, il pubblico ministero ha deciso di non ricorrere in appello e il signor Hakamada ha così ottenuto, dopo mezzo secolo, la piena libertà.
Ora, dunque, il card. Kikuchi gli ha potuto portare il messaggio e il rosario di papa Francesco. Un dono particolarmente gradito dall’ex detenuto che durante la sua lunga carcerazione ha abbracciato il cristianesimo venendo battezzato da p. Shimura, un sacerdote dell’arcidiocesi di Tokyo, nel Natale del 1984.
Prima di entrare in carcere Hakamada non era una persona religiosa; e ancora nel 1973 nelle sue lettere dava voce alla sua rabbia anche nei confronti di Dio. “Per cosa e per quanto tempo devo essere incarcerato o devo morire in prigione?... Se questa è la volontà di Dio, nessuno ha bisogno di un Dio così”. Ad avvicinarlo alla fede è stata la relazione con alcuni cattolici giapponesi che a partire dal 1982 si sono interessati a lui. Fino, dunque, al battesimo ricevuto in carcere. “Da quando mi è stato dato il nome cristiano di Paolo, sento che devo essere consapevole della sua grandezza”, ha scritto l’anno successivo.
Nel suo post il card. Kikuchi racconta anche che nel novembre 2019, quando papa Francesco si recò in visita pastorale in Giappone, la Conferenza episcopale riuscì a invitare Hakamada e sua sorella Hideko a partecipare alla Messa al Tokyo Dome. “Ma in quella occasione non riuscimmo a fargli incontrare il Santo Padre”, ricorda l’arcivescovo di Tokyio. Aggiungendo però che “tornando a Roma, il pontefice sottolineò l'importanza dell’abolizione della pena di morte”. Messaggio che anche i vescovi del Giappone hanno voluto dì rilanciare dopo la storica sentenza che ha permesso di scagionare l’anziano ex detenuto.
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