Il ritorno dell'Urss nel governo russo
La nomina al ministero della Difesa di Mosca dell'economista Belousov (cerimoniere delle liturgie della Chiesa ortodossa) al posto di Šojgu sembra indicare la volontà di porre l’industria bellica a motore principale di conflitti sempre più prolungati. Mentre il nuovo ministro dell’energia - dalle cui attività dipende il 70% del Pil della Russia - ora è Sergej Tsivilev, marito della nipote di Putin.
Mosca (AsiaNews) - Ha suscitato reazioni in tutto il mondo la sostituzione del ministro della difesa da parte di Vladimir Putin, togliendo il popolare e suo fedelissimo Sergej Šojgu, che ricopriva quel ruolo da 12 anni, e affidandolo all’economista Andrej Belousov, vice-premier per l’economia nel precedente governo di Mikhail Mišustin. La sorpresa non riguarda tanto la differente competenza del successore, in quanto anche Šojgu in realtà non era un militare, non avendo fatto neanche il servizio di leva.
Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, la scelta è dovuta alla necessaria “innovazione nella gestione delle istituzioni”, in vista del grande progresso che la Russia intende compiere secondo i programmi del nuovo mandato del presidente eterno. Il passo verso il futuro sembra peraltro rivolgersi molto di più verso il passato, dando alla Russia di Putin un carattere sempre più simile all’Unione Sovietica di Brežnev, se non proprio di Stalin.
Šojgu ricordava a tutti il periodo eltsiniano, dove era diventato un personaggio molto amato per la sua attività come ministro della protezione civile, una figura che simboleggiava una diversa attenzione dello Stato verso le regioni e i territori, non più visti come zone protette e controllate dall’alto, ma come espressione della volontà dei gruppi e delle etnie locali di costruire la propria autonomia con il sostegno delle autorità centrali. Nella sua repubblica nativa mongolica di Tuva in Siberia esiste un vero culto della personalità di Šojgu, con tanto di “Museo Šojgu”, considerato l’erede dell’epico condottiero tuvino Subedej.
La nomina di Belousov, secondo la maggior parte degli osservatori, indica invece la volontà di porre l’industria bellica a motore principale dell’economia, proiettandosi su un periodo di conflitti sempre più prolungati, passando dalle forniture di tutto il necessario per l’attuale alla produzione di quanto necessario per le future guerre. Questo riporta la Russia all’economia della “guerra fredda”, come ha ammesso di fatto lo stesso Peskov commentando la nomina e spiegando che “in forza delle condizioni geopolitiche attuali ci stiamo riavvicinando alla situazione della metà degli anni ’80, quando la quota del bilancio statale per le spese militari era del 7,4%”. In realtà già adesso tali spese superano il 7,6%, ricordando più il periodo staliniano della Grande Guerra patriottica.
Il 65enne Andrej Belousov è certamente a sua volta un fedelissimo di Putin, noto anche per le sue funzioni di cerimoniere nelle liturgie della Chiesa ortodossa, ma più di tutto viene ricordato come il figlio del grande economista sovietico Rem Belousov, creatore della scuola scientifica della “regolazione dei prezzi” che caratterizzava la “riforma di Kosygin” del 1965, considerata una delle direttive “progressiste” della politica sovietica. Allora si intendeva dare più libertà d’azione alle aziende statali, oggi l’imprenditoria viene piegata al servizio della guerra: un movimento all’indietro che s’incontra coi progressi del passato. La riforma proiettò l’Urss nel “dorato” ottavo piano quinquennale, con una grande crescita dell’economia sovietica, mentre il quinto (sesto) mandato di Putin vuole indicare una diversa esaltazione dell’economia russa, basata sulla sua forza intrinseca e sulla divisione del mondo tra amici e nemici dell’Occidente, sostenuta dallo stato di guerra permanente.
Il radioso futuro neo-sovietico della Russia putiniana è sottolineato anche da un’altra caratteristica tipica del periodo brezneviano, la “politica dei quadri” che imponeva di non esporre al pubblico ludibrio i funzionari colpevoli di corruzione o altre gravi violazioni, regola che sembra sia stata applicata allo stesso Šojgu, dopo l’arresto del suo vice-ministro Timur Ivanov lo scorso 23 aprile. L’ex-ministro della difesa è stato “promosso” a segretario del Consiglio di sicurezza, apparentemente un ruolo molto prestigioso, in realtà soltanto un pensionamento “sotto custodia”: il suo predecessore Nikolaj Patrušev è stato spostato a “semplice consigliere” dell’amministrazione presidenziale, svuotando di fatto il Consiglio di ogni prerogativa.
Comunque il figlio di Patrušev, Dmitrij, è stato elevato a vice-premier, e la serrata dei membri familiari è l’altra caratteristica del nuovo governo di assoluta fedeltà putiniana, confermata anche dalla nomina del nuovo ministro dell’energia Sergej Tsivilev, marito della nipote di Putin. Dalle attività sottoposte a questo ministero dipende il 70% del Pil della Russia, destinato a sostenere la guerra senza fine.
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