01/09/2015, 00.00
MYANMAR
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Il presidente birmano firma la legge (anti-musulmana) che proibisce la poligamia

Thein Sein ha sancito l’entrata in vigore della controversa norma che punisce la convivenza o avere più mogli. Voluta dalla frangia estremista buddista, essa è inserita nel pacchetto dei provvedimenti a difesa “della razza e della religione”. Attivisti Hrw: fonte di potenziale discriminazione in fase di applicazione.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Il presidente birmano Thein Sein ha approvato l’ultima di quattro controverse leggi, volute con forza dalla frangia radicale buddista ma criticata con forza da gruppi pro diritti umani, perché lesiva dei diritti della minoranza musulmana. La firma alla Legge sulla monogamia è arrivata ieri e sancisce l’entrata in vigore la norma che proibisce di sposarsi con più di una donna o di vivere con una persona se non si è legati in matrimonio. 

La norma è una delle quattro leggi promosse negli ultimi mesi dal Comitato per la protezione della nazionalità e della religione (Ma Ba Tha, un gruppo buddista), contenute all’interno del pacchetto “Leggi a difesa della razza e della religione”. In precedenza avevano ottenuto il via libera la norma sulle conversioni, che prevede una “approvazione” delle autorità per cambiare religione. 

Il Myanmar si prepara alle storiche elezioni dell’8 novembre - il primo voto generale con la partecipazione del principale partito di opposizione (Lega nazionale per la democrazia, che aveva boicottato le urne nel 2011) - registrando una crescente deriva estremista interna. Nel mirino, in particolare, la minoranza musulmana da anni - con l’inizio delle violenze anti-Rohingya nello Stato occidentale di Rakhine nel 2012 - nel mirino dei fondamentalisti buddisti. 

Il governo birmano nega che la norma sia stata scritta ad hoc per la comunità musulmana, che rappresenta il 5% circa del totale in Myanmar. Sebbene non diffusa, la poligamia è praticata da alcuni membri della minoranza religiosa. 

Attivisti e gruppi pro diritti umani criticano con forza il pacchetto di norme votate dal Parlamento e approvate dal presidente. Secondo Phil Robertson, vice-direttore Asia di Human Rights Watch (Hrw), esse sono fonte di “potenziale discriminazione” in tema di religione e posso dar adito a “gravi violenze confessionali”. Ora che hanno ricevuto il via libera, aggiunge, “la preoccupazione è come verranno applicate e attuate”. 

Anche l’attivista birmano Robert San Aung nutre dubbi sulle modalità di applicazione della legge, che nella sua stesura appare poco chiara. L’avvocato aggiunge che essa “non risponde agli standard internazionali” sui diritti umani e auspica che i monaci buddisti “che amano la pace” e gli studiosi “lavorino insieme per modificare la norma”.

Per rispondere alla campagna di odio e intolleranza a sfondo confessionale contro i musulmani (Rohingya), in estate un gruppo di ragazzi ha lanciato la campagna “My Friend”. Promossa da un gruppo di studenti birmani sui social network (Facebook e twitter) per favorire la tolleranza fra cittadini e contrastare l’odio e le violenze islamo-buddiste, essa intende rafforzare il valore di unità nello Stato. 

Contro l'emarginazione e l'abbandono in cui versa la minoranza musulmana è intervenuta a più riprese anche la Chiesa cattolica birmana

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