16/09/2023, 11.00
TAIWAN - CINA
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Il piano di Pechino per ‘annettere’ Taiwan sul piano politico e tecnologico

di Alessandra Tamponi

La Cina ha elaborato un progetto strategico in 21 punti per incoraggiare una maggiore interazione con l’isola ribelle. L’obiettivo di creare una “zona dimostrativa” nel Fujian, per fare da ponte con Taipei e attirare investimenti e presenze fra i taiwanesi. Al decimo punto una maggiore “interazione tecnologica”. Diffuso ora con l'intenzione di influenzare le elezioni del gennaio 2024. Per Taipei è un piano destinato a fallire.

Taipei (AsiaNews) - La Cina offre da tempo a Taiwan quella che definisce una scelta tra due percorsi: pace e prosperità oppure guerra e declino. Nella strategia per rendere percepibili questi due percorsi Pechino affianca politiche che possano rendere appetibili le opportunità di crescita economica sul territorio per le compagnie taiwanesi; al tempo stesso mantiene reale l’ipotesi di una possibile invasione con esercitazioni militari volte a circondare l’isola e mettere pressione sulla sua classe politica. Nei giorni scorsi la strategia cinese ha assunto la forma di un piano in 21 punti, proposto per incoraggiare maggiore integrazione tra Repubblica popolare e Taiwan. Un progetto diffuso quasi in contemporanea con massicce esercitazioni attorno all’isola, che hanno portato allo schieramento in 24 ore di 68 aerei da guerra e 10 navi della marina nelle aree intorno all’isola autogovernata.

I 21 punti emessi dal Comitato centrale e dal Consiglio di Stato del Pcc vedrebbero la creazione nel Fujian di una zona dimostrativa per l’integrazione tra Cina e Taiwan. La provincia del sud-est gioca un ruolo chiave, perché dovrebbe diventare la destinazione preferenziale per individui e aziende taiwanesi per perseguire lo sviluppo sulla terra ferma. Il piano, infatti, prevede misure per incoraggiare una maggiore (e a più livelli) presenza taiwanese nella regione. In tal senso, la Cina intende creare un modello di vita integrato sia tra la città di Xiamen e Kinmen a Taiwan, che tra Fuzhou e Matsu. Il piano prevede anche misure volte a trattare i cittadini taiwanesi come quelli della Cina continentale, rilasciando non più il “permesso di soggiorno temporaneo” che viene assegnato agli stranieri, quanto un “permesso di soggiorno per Taiwan”. Essi godranno inoltre di incentivi per acquistare proprietà o studiare nella Cina continentale e avvalersi di servizi sociali come cure mediche. Saranno implementate misure speciali per rafforzare l’integrazione del Fujian con Taiwan, fra cui una riduzione sulla tassazione e la creazione di zone di libero scambio.

Molti punti del piano non sono una novità, ma politiche che erano già state avviate in precedenza, come il rilassamento delle politiche per i taiwanesi che decidono di acquistare nel mercato immobiliare. Lo stesso ruolo della provincia del Fujian era stato già condiviso all’interno del 14mo piano quinquennale (2021-2025). I 21 punti potrebbero quindi avere una valenza molto più politica, con lo scopo di parlare alla popolazione taiwanese (specialmente alla classe imprenditoriale) e creare divisione nel Paese nell’approssimarsi delle elezioni, annunciate per gennaio 2024.

Vi è però un altro aspetto che vale la pena di analizzare: il decimo punto del piano propone maggiore integrazione tecnologica. Nello specifico il documento stabilisce che “incoraggerà le imprese e gli istituti di ricerca scientifica sia del Fujian che di Taiwan a creare congiuntamente piattaforme per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie comuni e a promuovere la digitalizzazione e l’applicazione di tecnologie intelligenti per le imprese taiwanesi nel Fujian”. Suggerendo che il piano potrebbe essere un modo per creare una zona grigia tra Cina e Taiwan che permetta alla prima, tramite la cooperazione tecnologica, di colmare il loro divario e ridurre il vantaggio strategico che le tecnologie garantiscono a Taiwan.

La scelta del Fujian come zona pilota trascenderebbe quindi la mera vicinanza geografica tra Cina e l’isola “ribelle”. Il Fujian fa infatti parte di diversi progetti finanziati dalla politica del “Made in China 2025”. Fino al 2020 le province cinesi hanno ricevuto oltre 41 miliardi di dollari in investimenti per la produzione di chip e semiconduttori, di questi oltre sei miliardii li ha ricevuti il Fujian, alla pari delle prefetture di Shanghai e Chongqing e più di qualsiasi altra provincia. Il Fujian ospita inoltre la Fujian Jinhua Integrated Circuit, compagnia di proprietà statale e parte del "Made in China 2025", colpita dalle sanzioni Usa nel 2018 e accusata, assieme alla taiwanese Umc, di aver rubato il design di chip proprietà degli Stati Uniti.

Taipei, consapevole dei tentativi della Cina di acquisire le sue tecnologie, ha emendato nel 2022 l’Atto che regola le relazioni tra le popolazioni dell’area di Taiwan e dell’area continentale, inserendo misure volte a limitare l’acquisizione cinese delle sue tecnologie. Tuttavia una zona integrata come quella del Fujian potrebbe fornire alla Cina una zona grigia sotto il suo controllo legale per facilitare il transfer tecnologico riducendo i tempi di attesa in una prospettiva di indipendenza che ad oggi segnano un gap di 10 anni. Il 14 settembre scorso il Consiglio per gli affari continentali di Taiwan ha rigettato il piano unilaterale definendolo un tentativo di conquista e per invogliare la popolazione e le aziende ad accettare, integrandole nei suoi sistemi, la leadership del Partito comunista cinese. Una mossa che, per i vertici dell’isola, non funzionerà. 

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