Il petrolio rafforza l’alleanza fra Russia e Iran. Da Mosca investimenti per 50 miliardi
Per il Cremlino “l’energia” è il settore di collaborazione “più promettente” con la Repubblica islamica. Ministro russo: già pronti progetti per lo sfruttamento di 10 giacimenti nel sottosuolo. Fmi: l’export in Iran tocca quota 110 miliardi, in crescita del 16%. Preoccupa l’aumento del dollaro rispetto alla valuta locale, introdotto il cambio fisso.
Teheran (AsiaNews) - Nel settore energetico si rafforza la cooperazione fra Iran e Russia, e Mosca è pronta a gettare sul piatto un piano di investimenti riguardanti petrolio e gas naturali nei prossimi anni per un valore complessivo di oltre 50 miliardi di dollari. Una fonte del Cremlino rivela che “l’energia è la sfera di cooperazione più promettente” fra le due nazioni; difatti, giganti russi del settore come Gazprom, Gazprom Neft, Rosneft, Lukoil, Zarubezhneft e Tatneft hanno già avviato “sistematiche collaborazioni” in Iran per lo sfruttamento di giacimenti.
Solo il mese scorso Teheran ha siglato il suo secondo contratto petrolifero dell’era post-sanzioni con la Zarubezhneft; l’obiettivo è di riavviare lo sfruttamento dei pozzi petroliferi di Aban e West Paydar nell’ovest del Paese.
Il ministro iraniano del petrolio Bijan Zangeneh riferisce che si è trattato del primo accordo con una compagnia di Mosca; il ministro russo dell’Energia Alexander Novak aggiunge che sono già pronti progetti per lo sfruttamento di almeno 10 giacimenti petroliferi nel sottosuolo iraniano.
Ad oggi la Repubblica islamica e il Cremlino hanno siglato sei accordi provvisori finalizzati alla collaborazione nel settore “strategico” dell’energia, per un totale di 30 miliardi di dollari. La firma risale alla visita del presidente Vladimir Putin a Teheran, nel novembre scorso. Mosca vuole ampliare - come emerge anche nel contesto del conflitto siriano - la propria sfera di influenza in Medio oriente, a livello economico e militare. Inoltre, russi e iraniani hanno il mutuo interesse a rafforzare le relazioni per contrastare le sanzioni del blocco occidentale.
Russia e Iran stanno anche collaborando alla definizione di accordi finalizzati allo scambio di beni con il petrolio. Un piano del valore complessivo di oltre 20 miliardi di dollari, i cui dettagli devono ancora essere finalizzati dai rappresentanti delle due parti.
Funzionari di Teheran ricordano che servono oltre 200 miliardi di dollari entro il 2021 per poter finanziare progetti di superficie e nel sottosuolo nel comparto petrolifero. Finora il contratto di maggior valore sottoscritto dalla fine delle sanzioni è arrivato nel 2016 con la firma del gigante francese Total, che ha messo sul piatto un piano di rinnovamenti per il giacimento di South Pars del valore di 4,8 miliardi di dollari.
Se il settore del greggio e del gas naturale continua ad attirare l’attenzione degli investitori esteri, quello dei prodotti non petroliferi risulta inferiore alle attese. In base ai dati forniti da Mojtaba Khosrowtaj, presidente dell’ente iraniano per la promozione del commercio, fra il marzo 2017 e il marzo 2018 la crescita si è attestata attorno al 6,5%. Un dato che, sebbene positivo, non ha permesso di centrare gli obiettivi fissati dal governo.
Infatti, a fronte di un obiettivo di crescita per l’anno appena concluso [in base al calendario persiano] di 53 miliardi di dollari, il dato finale si è attestato sui 47 miliardi, sei in meno di quanto previsto. Va inoltre segnalato che in questo comparto sono inseriti anche alcuni prodotti in realtà legati al settore petrolifero come il greggio ultraleggero.
Un rapporto del Fondo monetario internazionale (Fmi) mostra che il dato complessivo relativo alle esportazioni iraniane [unendo i diversi settori, petroliferi e non] si attesta attorno ai 110 miliardi di dollari, con una crescita di circa 14 miliardi di dollari (16%) rispetto all’anno precedente. Una conferma ulteriore della bontà dell’accordo sul nucleare (il Jcpoa) e del conseguente allentamento delle sanzioni occidentali, decisivo per il rilancio dell’economia locale.
Nello stesso periodo il dato relativo alle importazioni è fissato a quota 91 miliardi di dollari, con una crescita del 15% rispetto all’anno precedente. Il surplus economico della bilancia commerciale è dunque di 18 miliardi con una previsione ancor più favorevole per il prossimo anno: secondo il Fmi l’export toccherà quota 130 miliardi, con un surplus di 27 miliardi. Decisivo, anche in questo caso, il settore petrolifero con aumenti previsti nell’export di 200mila barili al giorno, per un totale di 2,7 milioni.
A fronte di indici economici positivi restano i problemi strutturali come alta disoccupazione, inflazione e un tasso di crescita giudicato insufficiente. E non aiuta anche l’aumento improvviso del dollaro rispetto alla moneta locale, causato anche e soprattutto dal timore che il presidente Usa Donald Trump possa cancellare l’accordo nucleare e introdurre nuove sanzioni. Nelle ultime due settimane il rial ha perso il 20% rispetto al dollaro e il rischio è il deprezzamento interno dei beni. Nel tentativo di arginare il crollo, Teheran ha deciso di imporre un tasso di cambio fisso rispetto alla valuta Usa (42mila rial per un dollaro). “Non riconosciamo nessun altro tasso - ha sottolineato il primo vice-presidente iraniano Eshaq Jahangiri - e chiunque commerci con un’altra tariffa verrà considerato un contrabbandiere”.