24/06/2022, 12.28
LIBANO
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Il percorso a ostacoli del premier incaricato Mikati nella formazione del governo

di Fady Noun

Il Parlamento ha indicato il primo ministro uscente, che ha ottenuto 54 voti (su 128 in totale). Il principale sfidante, Nawaf Salam, si è fermato a 25 preferenze. Il piano di riforme da adottare e il rischio di una vacanza presidenziale. I giochi di potere fra i partiti cristiani e l’appello del patriarca Raï.

Beirut (AsiaNews) - Ieri il primo ministro uscente Najib Mikati è stato designato per formare un nuovo governo, a oltre un mese di distanza dalle elezioni politiche che hanno dato vita a un Parlamento senza una chiara maggioranza. Egli ha ottenuto il maggior numero di voti dei deputati (54 su un totale di 128) presenti al voto, che risultano comunque inferiori alla maggioranza semplice di 65. Il principale rivale, l’ex ambasciatore all’Onu Nawaf Salam, personalità peraltro poco nota al grande pubblico, si è fermato a soli 25 voti. Vi è anche da sottolineare il fatto che a favorire l’affermazione di Mikati vi è anche la posizione di “neutralità” tenuta dalla comunità internazionale e dall’Arabia Saudita, che non hanno fatto nulla per sbarrargli la strada. 

Il compito che si profila per Mikati sarà al tempo stesso facile e difficile. Facile, perché egli ha la possibilità di “giocare su due tavoli” e, in attesa di poter formare un nuovo governo, continuerà a svolgere gli affari correnti nel ruolo di premier ad interim. Maestro per quanto concerne gli equilibrismi, Mikati potrebbe quindi far affidamento su questo elemento di fronte alle rivendicazioni dei vari blocchi parlamentari. 

Tuttavia, la formazione di un nuovo governo sarà al contempo un compito assai complesso, perché giunge a quattro mesi dalla fine del mandato del presidente Michel Aoun, che scade il prossimo 31 ottobre. Ecco che di fronte alla mancanza di una chiara maggioranza parlamentare, a conclusione del mandato il Paese potrebbe piombare in una situazione di vacanza della carica di capo dello Stato. E poiché la Costituzione prevede che in questo caso sia il Consiglio dei ministri che assume le prerogative presidenziali, non è difficile cogliere il corto circuito che rischia di crearsi. 

Pur senza precorrere troppo i tempi e fare ipotesi sui mesi a venire, sappiamo che il primo ministro incaricato dedicherà le due giornate del 27 e 28 giugno a incontrare i diversi gruppi parlamentari, in vista della composizione del nuovo gabinetto dell’esecutivo. Ben sapendo che alcune delle figure attuali potrebbero essere confermate nelle rispettive funzioni. 

I compiti del prossimo esecutivo

Va da sé che Mikati si accollerà con il prossimo esecutivo l’arduo - e per alcuni impossibile - compito che già si porta dietro da qualche mese a questa parte: far adottare le riforme tanto a lungo attese, per arginare la profonda crisi finanziaria che ha fatto precipitare la maggior parte dei libanesi in una condizione di grave povertà. 

Sappiamo che il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha già annunciato ad aprile, sotto il suo governo, un accordo di principio per un piano di aiuti di quasi tre miliardi di euro, per strappare il Libano alla sua crisi. Egli dovrà fra i primi atti procedere proprio alla finalizzazione di questo accordo, il quale richiederà un forte impegno per attuare le ambiziose riforme necessarie per affrontare, in particolare, la ristrutturazione del settore finanziario e bancario, che si sommano alla lotta contro la corruzione.

Il dossier sull’energia, che fa parte del piano di risanamento del Paese, sarà anch’esso uno degli ostacoli alla formazione del nuovo governo. Su questo ambito, Mikati avrà come principale avversario il Movimento patriottico libero (Cpl), fondato dal capo dello Stato e oggi guidato dal genero Gebran Bassil. I rapporti tra il primo ministro incaricato e il Cpl su questo tema sono tumultuosi. Prova ne è la guerra a colpi di comunicati stampa divampata a fine maggio con il ministro dell’Energia e dell’acqua Walid Fayad, vicino agli esponenti di Aoun.

Mikati accusa Fayad di ritardare la valutazione di una offerta per la produzione di energia elettrica fatta da Siemens e General Electric. In vista della formazione del nuovo governo, la corrente aounista insiste più che mai nel mantenere il portafoglio energetico e nell’includere nei piani di riforma la costruzione di una centrale elettrica - considerata superflua - sulla costa a Batroun, considerata una sua roccaforte elettorale. Inoltre, il Cpl pone come condizione per una sua partecipazione il licenziamento del governatore della Banca centrale, Riad Salamé, e la continuazione dell’inchiesta sulla catastrofica esplosione del 4 agosto 2020 al porto di Beirut. Si tratta di due dossier scottanti e di difficile risoluzione, per i quali non basterà certo schiacciare un pulsante.

Tuttavia, Mikati non è il solo a temere le rivendicazioni del Cpl. Anche il patriarca Beshara Raï condivide queste preoccupazioni. Infatti, tenendo conto dell’assenza di una chiara maggioranza in Parlamento, e quindi della possibilità di una vacanza dello scranno presidenziale, in caso di impasse il primate maronita ha invitato i partiti politici cristiani, e in particolare le Forze libanesi (19 seggi in Parlamento, contro i 17 del Cpl) ad aderire alla compagine di governo.

Per bocca del suo leader Samir Geagea, le Forze libanesi - che hanno indicato Mikati alle ultime consultazioni parlamentari - hanno detto di non essere interessate a far parte di un governo di “unità nazionale”, che considerano solo come un “esecutivo di stagnazione e paralisi”. In questo quadro il patriarca Raï teme che il Cpl possa godere di un monopolio pressoché esclusivo della rappresentanza cristiana, sapendo che questa corrente è anche il principale alleato cristiano di Hezbollah. Lo stesso movimento contro il quale il porporato sta conducendo una campagna che dura da mesi, nel tentativo di ottenere la proclamazione di una conferenza internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite, con al centro il tema della neutralità del Libano. 

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