Il patrimonio culturale cristiano in Iraq è un bene universale, salviamolo!
Kirkuk (AsiaNews) – L’esodo che sta svuotando l’Iraq della millenaria presenza cristiana potrebbe cancellare anche il loro ricco patrimonio culturale che in questa terra si conserva da secoli. Nel giro di pochi anni, se la migrazione continuerà a questi livelli, non solo il Paese sarà privato di una delle componenti più antiche della sua popolazione, ma anche il mondo perderà una grande ricchezza. Cosa sarà di chiese e monasteri antichissimi come la chiesa di Koche alla periferia di Baghdad, Tahira, Mar Isaiyia, Miskenta, san Tommaso, Marhudeini, il monastero San Michele a Mosul e la chiesa rossa di Kirkuk (tutte risalenti tra il V e il VII sec. d.C.); di manoscritti rarissimi; e di una lingua - l’aramaico - sconosciuta al resto del mondo, se verranno meno coloro che da sempre ne garantiscono la vita e la conservazione? Bisogna salvare questi beni, con l’aiuto della comunità internazionale, dall’incuria in cui ora versano a causa dell’insicurezza e dalla eventuale distruzione se colpite da operazioni militari. Per questo propongo l’istituzione di un museo cristiano che possa raccogliere tutti i beni che nel corso della storia si sono sedimentati nella nostra terra. Filmare questi edifici e manoscritti e documentare tutto questo patrimonio che è un bene mondiale, dell’umanità intera! Questo è compito dell’Unesco!
Il cristianesimo in Iraq risale al primo secolo dopo Cristo, arrivato nella terra dei Due Fiumi per mezzo di S. Tommaso apostolo. Da allora è cresciuto e si è sviluppato fino al culmine raggiunto nel IV secolo, quando la Chiesa di Mesopotamia si propone come Chiesa missionaria, spingendosi fino in India e in Cina. I cristiani hanno fatto da pionieri nella civilizzazione dell’Iraq.
Anche dopo la conquista islamica i cristiani hanno contribuito in modo attivo allo sviluppo culturale arabo con l’insegnamento delle lettere, filosofia, astronomia, fisica matematica e medicina. Fin dall’inizio i cristiani si sono fusi con le altre realtà etniche e religiose – curdi, turcomanni e yezidi - hanno sempre difeso l’integrità del Paese in modo coraggioso insieme ai loro fratelli musulmani. Testimoniano lealtà, fedeltà, onestà e la volontà di vivere in pace e fratellanza con gli altri. Per 14 secoli hanno vissuto insieme nel contesto della cultura islamica nel rispetto reciproco.