05/03/2020, 10.00
LIBANO
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Il patriarcato maronita promuove una ‘iniziativa nazionale’ dedicata ai giovani

di Fady Noun

Una risposta alle loro aspirazioni per una vita politica, economica, sociale e culturale degna. Il lancio previsto per la festa dell’Annunciazione il 25 marzo. L’ispirazione da papa Francesco e dal Sinodo dei giovani. La solidarietà al movimento in piazza contro corruzione e malgoverno. La dimensione religiosa legata alla Quaresima.

Beirut (AsiaNews) - La Chiesa maronita sta ultimando un documento che servirà da base per il lancio di una “iniziativa nazionale” dedicata ai giovani del Paese. È quanto hanno rivelato ieri alcune fonti ecclesiastiche bene informate, a seguito dell’incontro mensile dei vescovi maroniti nella sede patriarcale di Bkerké, durante la quale ha rilanciato una volta di più le grandi opzioni politiche e sociali. L’iniziativa sarà una risposta alle aspirazioni della gioventù libanese a una vita politica, economica, sociale e culturale degna di tal nome. Questa iniziativa verrà lanciata il 25 marzo, festa dell’Annunciazione che da qualche anno nel Paese dei cedri è festa nazionale islamo-cristiana e non si lavora. 

L’iniziativa in questione si ispira a un approccio tracciato da papa Francesco all’indomani del Sinodo dei giovani e all’esortazione apostolica che ne è seguita (2018-2019). Essa è un tentativo di rispondere alle sfide di un rinnovamento della vita democratica in Libano, alla luce di tutti gli ostacoli che deve affrontare: clientelismo, corruzione, confessionalismo stretto, cattiva governance e altri temi emersi durante la rivolta popolare dello scorso ottobre. Una protesta che la Chiesa maronita ha accolto con favore, fatto salvo le violenze che - ogni tanto - l’hanno accompagnata. 

Si tratterebbe, nel contesto di un approccio in massima parte interattivo, di mettere in evidenza una visione del futuro chiamata a nutrire la speranza dei giovani nell’avvenire del Libano, lontano dalla depressione e dalla tentazione di lasciarsi andare che sembra emergere in alcuni di loro. I giovani sembrano in alcuni casi scoraggiati dalla lentezza dei cambiamenti a lungo attesi e dai tentativi di reprimere o di ridimensionare la rivolta sociale ed etica dello scorso ottobre. A rigor di logica, ecco dunque che l’iniziativa si pone come una risposta a un gran numero di preoccupazioni dei giovani in generale, e dei cristiani in particolare: difficoltà quotidiane, crisi di valori, crisi economica, costo degli studi, scarsità di offerte di lavoro, tentazione di abbandonare tutto ed emigrare, ecc.

No alla “colonizzazione ideologica”

L’appello della Chiesa maronita comprende anche una dimensione propriamente religiosa, relativa al significato del tempo di Quaresima. Esso suggerisce ai giovani cristiani di approfittare di questi momenti per approfondire la loro fede e di rinnovare il loro impegno al servizio delle loro Chiese e del Libano, con la chiara consapevolezza di essere testimoni del Cristo risorto. 

L’iniziativa riprenderebbe alcune delle linee guida dell’esortazione papale del 2019, ricordando ai giovani che sono “l’oggi di Dio”, che devono resistere alla “colonizzazione ideologica” che può segnare l’irruzione della modernità nella loro vita quotidiana. Ai giovani viene anche chiesto di “diffidare dei meccanismi di consumo e stupidità che fanno nascere tutti gli uomini come originali, ma molti finiscono per morire come fotocopie”.

Il patriarca maronita, card Beshara Raï, ha preso subito a cuore la causa dei promotori della rivolta popolare del 17 ottobre e ha esortato le autorità ad “ascoltare le rivendicazioni del popolo” e a non “disprezzare o abbattere i manifestanti pacifici e civili”. Il porporato chiede che non siano “screditati” e che non vengano gettati su di loro il “sospetto del tradimento”. In un’omelia pronunciata 10 giorni dopo l’inizio del movimento popolare, davanti a personalità del Movimento patriottico libero, il capo della Chiesa maronita ha descritto le rivolte popolari come una “rivoluzione riformista positiva”, parlando di “Stato di cittadinanza inclusiva e diversità”. 

Siamo in democrazia, ha ricordato, con un chiaro riferimento alle “linee rosse” tracciate all’epoca dal capo di Hezbollah di fronte alla rivolta nazionale. “Siamo un Paese democratico e non dittatoriale, pluralista e non totalitario, nazionale e non settario. Nessuno ha il diritto - ha concluso il porporato - di avocare a sé la voce del popolo e imporre la propria visione delle cose e la volontà”. 

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