09/10/2009, 00.00
MEDIO ORIENTE
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Il mondo arabo verso un altro “secolo per nulla”?

di Fady Noun
La visita di re Abdullah in Siria ha aperto interrogativi sulla capacità del mondo arabo di prendere in mano la propria storia e di affacciarsi alla modernità. Sembrano prevalere i “no” se si guarda alle conseguenze dell’incontro tra i leader saudita e siriano sulla formazione di un governo a Beirut.
Beirut (AsiaNews) – Il mondo arabo saprà profittare dell’XXI secolo meglio di quello che ha fatto per il XX? La visita in Siria del re saudita, con tutti i fantasmi politici che ha sollevato, rappresenta una buona occasione per porsi questa domanda. Qualche anno fa, Ghassan Tuéni, Jean Lacouture e Gérard Khoury tratteggiavano a grandi linee la storia del Medio Oriente arabo, “dall’Impero ottomano all’impero americano” in un libro dal titolo molto provocante: “Un secolo per nulla”.
 
L’opera tentava di analizzare le cause dell’incapacità del mondo arabo di prendere efficacemente in mano la propria storia e di affacciarsi alla modernità. Si può pensare che questa incapacità ha luogo, prima di tutto, nell’incapacità delle società arabe a far emergere la ragione come “sfera autonoma” nela vita politica e culturale. La questione è complessa e merita di essere analizzata. Tutte le società arabe senza eccezioni, sono alle prese con questo processo. L’inaugurazione di un luogo di mescolanza e di modernismo, sotto forma di un mega campus universitario in Arabia Saudita, è là a dimostrarlo.
 
L’opera denuncia anche il sacrificio che molti Paesi arabi hanno fatto delle loro elite, in nome di un progresso che non è mai arrivato, e la buona familiarità che le dittature militai hanno avuto con il nepotismo e la corruzione. Esso nota, inoltre, la loro incapacità a utilizzare intelligentemente le loro risorse petrolifere per investire e crearsi una vera economia e lo smacco, perfettamente spiegabile, dei tentativi di unione. Esso rileva, infine, lo smarrimento di molti Stati arabi – e in primo luogo dei palestinesi stessi – davanti al dramma della Palestina.
 
E’ questo spreco il tema principale di questo libro. Notiamo quanto il mondo occidentale ha attivamente contribuito a questo spreco: cinismo, ancora chiamato “realpolitik”, coinvolgimenti economici, soluzioni di comodo e rinunce dvanti alle dittature, tradimenti (Lord Balfour e il suo “focolare nazionale ebreo” nel 1917), cecità, in particolare americana nei confronti di Israele, illustrata oggi dalla tragedia di Gaza e dal proseguimento della colonizzazione della Cisgiordania.
 
Dieci anni di un nuovo secolo sono passati, senza che si sia certi che si siano imparate le lezioni del passato e che un secondo secolo non passerà per i mondo arabo in modo ugualmente inutile. Al contrario, è più grande cha mai il pericolo che pesa sulla Nahda (il rinascimento) del XXI secolo, con le esperienze democratiche che ha incarnato, malgrado certi smarrimenti culturali.
 
Il Libano, come tutti gli altri Paesi arabi, senza eccezioni, sembra oggi prigioniero della sua storia, dei suoi dati demografici, della sua logica di comunità, del frazionamento della sua società, dell’individualismo principe e di una cultura dell’impunità dovuto all’armamento di Hezbollah, che lo conduce poco a poco verso il caos. Come dire, per quanto tempo ancora?
 
La visita di re Abdullah in Siria avrà conseguenze felici sulla formazione del governo? Sì, se si decide di considerare il Libano come “terreno neutro” e di facilitare la formazione di un nuovo esecutivo, se avanza la causa di un mercato comune arabo, mentre si regionalizza il mercato del lavoro e della finanza, se si impone lo spirito di cooperazione come una necessità assoluta di fronte alle sfide politiche, economiche e militare lanciate al mondo arabo.
 
No, se lo spirito di sfida continua a prevalere e se il Libano è ancora considerato come moneta di scambio nel grande bazar politico. No, se l’Iran vuole continuare a usare il Libano come una carta nel suo negoziato con l’Occidente. No, se gli Stati Uniti continuano a giudicare Hezbollah un “partito terrorista” e si rifiutano di accordargli una legittimità internazionale indiretta, perché il Libano deve, per due anni a partire dall’inizio del 2010, far parte come membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu.
 
Purtroppo, oggi a vincere sono i “no”. Dominate come sono dal programma nucleare iraniano e dall’espansionismo politico e ideologico di Teheran, da una parte e dalle minacce di intervento nucleare israeliano e dalla sua arrogante prosecuzione delle colonie, i grandi sviluppi regionali sono oggi parossistici o condannati a esserlo. Malgrado l’apparente buona volontà del presidente Baraci Obama, non vi cambierà niente, se i mezzi messi in atto per far intendere la ragione a Israele continueranno a essere così poco convincenti. Si vede male come, nel turbinio delle acque, i libanesi divisi porteranno a buon approdo la loro barca.
 
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