21/01/2011, 00.00
NEPAL
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Il governo nepalese mette sotto controllo le collette dei festival indù

di Kalpit Parajuli
È il primo provvedimento che colpisce la comunità indù dalla caduta della monarchia. Lo scopo è evitare il finanziamento di gruppi radicali e il traffico illegale di denaro destinato a presunte opere di bene.
 Kathmandu (AsiaNews) – Il Ministero dell’interno nepalese sta studiando una legge per controllare il traffico di denaro raccolto durante celebrazioni e festival religiosi indù, destinato a presunte opere sociali. In una settimana un predicatore può guadagnare fino a 150mila euro. Per evitare il finanziamento di gruppi radicali, il governo imporrà agli organizzatori di dimostrare la provenienza di tutte le donazioni e il loro futuro utilizzo. Il provvedimento non vale per altre religioni come il cristianesimo.    

Dopo la caduta della monarchia indù nel 2006, questa è la prima volta che il governo interviene nella regolamentazione economica delle attività religiose legate all’induismo. Le attività economiche illegali legate alle celebrazioni religiose pubbliche sono in crescita e di recente sono state introdotte una serie di normative anche per il controllo di lotterie e scommesse.  

Laxmi Prasad Dhakal, responsabile del distretto di Kathmandu per il Ministero dell’interno, afferma che la  maggior parte delle funzioni religiose indù nella capitale e in periferia stanno raccogliendo enormi quantità di denaro tra i fedeli. Ma il governo non sa dove vanno questi soldi. “Per questa ragione – aggiunge - il ministero introdurrà delle linee guida per ridurre la corruzione e l'utilizzo incontrollato dei fondi”.

Dinbandhu Pokharel, famoso predicatore indù,  sottolinea che è difficile comprendere se il denaro raccolto durante le feste è pulito o legato ad attività criminali. Secondo lui la proposta del governo limita quelle che sono le attività benefiche legate alla religione.  “Gli organizzatori – afferma – mi invitano spesso a predicare per raccogliere fondi destinate a scuole o templi e io non posso negare loro la mia presenza”. “Io di solito non chiedo soldi – continua – ma sono i responsabili dei festival a darmi il cinque o il dieci per cento del ricavato e spesso non so la provenienza”. “Una volta – aggiunge – mi è capitato di raccogliere oltre 150mila euro”. 

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