Il disastro di Tianjin, una congiura per rovesciare Xi Jinping
Hong Kong (AsiaNews) – Quasi immediatamente dopo la devastante esplosione al porto di Tianjin – avvenuta alle 23 del 12 agosto [2015] – il presidente Xi Jinping ha convocato i suoi aiutanti più stretti per studiare se vi potesse essere un qualunque motivo politico dietro uno dei peggiori incidenti della Cina in tempi moderni. All’inizio di settembre, il conto totale delle vittime parla di 158 morti e 15 dispersi, anche se è ampiamente riconosciuto che il numero reale è molto più alto (People’s Daily, 1 settembre; Xinhua, 28 agosto, Ming Pao 27 agosto).
Tre fonti cinesi – con il grado di capo Dipartimento del governo o maggiore – hanno spiegato all’autore che Xi sospettava che dietro le terribili esplosioni vi fosse una “cospirazione politica” mirata ad assestare un colpo ferale al zhongyang (le autorità centrali del Partito) guidato dallo stesso presidente. I funzionari che consigliano Xi su questa presunta sfida alla sua autorità includono il membro del Politburo e direttore dell’Ufficio generale della Commissione centrale Li Zhanshu; il direttore dell’Ufficio di Xi Jinping, Ding Xuexiang; il vice direttore dell’Ufficio generale della Commissione militare centrale del Partito, il colonnello Zhong Shaojun.
Xi, che è anche Segretario generale del Partito comunista cinese, è stato spaventato in modo particolare dal fatto che la catastrofe sia avvenuta ad appena tre settimane dalla parata militare del 3 settembre. In altre parole, Xi ha rischiato di perdere la faccia a pochissimo da quella che forse è stata la cerimonia pubblica più importante della sua presidenza. Anche se la ragione ostentata di questa prova di forza da parte dell’Esercito di liberazione popolare era quella di celebrare il 70mo anniversario della sconfitta del Giappone durante la II Guerra mondiale, è stata vista anche come una sorta di “cerimonia di incoronazione” per l’ambizioso leader.
Nella cultura politica cinese, il potere cresce sulla canna di un fucile. Un leader non guadagna lo status di “uomo forte” senza rivali fino a che non presiede a una parata, durante la quale viene salutato dalle diverse divisioni dell’Esercito (Deutsche Welle Chinese Service, 28 agosto; Apple Daily, 24 agosto). Le fonti dell’autore escludono ogni collegamento fra le esplosioni di Tianjin e i cosiddetti “tentativi di uccidere” Xi, che hanno formato una voce ricorrente a Pechino negli ultimi due anni. Tuttavia, le esplosioni farebbero parte di una guerra psicologica “non così sottile”, che implica la possibilità di ferire Xi o il suo entourage durante i viaggi di ispezione in giro per il Paese.
Le fonti hanno dichiarato all’autore che – anche se non si sono ancora trovate prove definitive – i consiglieri di Xi si sono concentrati su una connessione militare con la cospirazione. Un fattore oramai conclamato riguarda le esplosioni più potenti, avvenute a circa 30 secondi di distanza l’una dall’altra: queste non possono essere state provocate soltanto dagli agenti chimici stivati in maniera pericolosa nei container della Tianjin Ruihai International Logistics (da qui in avanti “Ruihai”). L’Amministrazione cinese per i terremoti ha rilevato che la prima esplosione ha generato delle scosse equivalenti all’esplosione di 3mila chili di TNT, che hanno causato un terremoto virtuale di 2,3 gradi della scala Richter. La seconda era pari a 21mila chili, con un terremoto di grado 2,9 (China News Online, 13 agosto).
Gli aiutanti di Xi hanno formulato l’idea che almeno in parte le responsabili della straordinaria forza delle esplosione siano alcune munizioni di proprietà di compagnie dell’Esercito, che di norma non dovrebbero trovarsi mai nei pressi di zone di stoccaggio di materiali pericolosi. Una domanda viene posta dal cerchio ristretto di Xi: le esplosioni sono state programmate ed eseguite da funzionari militari “anti-zhongyang” con o senza la consapevolezza della Ruihai? In ogni caso tutti i vigilanti notturni e gli operai che si trovavano nei pressi del sito esploso sono morti, eliminando la possibilità di ottenere testimonianze dirette.
Il porto di Tianjin è ben conosciuto nei circoli militari come struttura importante per la manifattura delle armi e per esportatori come Norinco, che su bas giornaliera caricano hardware in container e navi dirette a destinazioni diverse e tutte ammantate di sicurezza. Gli interessi dell’Esercito nel porto di Tianjin sono direttamente dimostrate dal fatto che un team speciale di lavoro – guidato capo dello staff della Regione militare di Pechino, generale Shi Luze – era già sul luogo del disastro poche ore dopo l’incidente. Shi e i suoi colleghi hanno fornito equipaggiamento per la guerra chimica e consulenza ai soccorritori sulla zona (Ta Kung Pao, 17 agosto; China Daily, 16 agosto). Allo stesso tempo, il team Shi è sembrato sin da subito desideroso di valutare i danni subiti dalle proprietà e dalle munizioni dell’Esercito nel porto.
Secondo fonti di China Brief, i sospetti di Xi sono ricaduti sulle decine di alti funzionari militari un tempo protetti e promossi dai due ex caporioni epurati da Xi: gli ex membri del Politburo e vice presidenti della Commissione militare centrale, generale Xu Caihou (defunto) e Guo Boxiong. Il generale Xu, morto il 15 marzo 2015, era stato arrestato alla fine del 2014 per reati di corruzione fra cui la vendita di promozioni all’interno dell’Esercito (BBC Chinese Service, 30 luglio; Wen Wei Po, 9 marzo).
Il generale Guo, che sta affrontando un processo presso il tribunale militare, è stato arrestato in maniera formale alla fine di luglio per corruzione e violazioni alla disciplina (Xinhua, 31 luglio). Nonostante molti alti ufficiali, fra cui l’attuale vice presidente della Commissione militare Xu Qiliang, abbiano più volte ripetuto ai subalterni di “imparare la giusta lezione” dai casi di queste due “grandi tigri”, gli ex protetti di Xu e Guo scontenti per la sorte dei loro mentori sono ancora una forza con cui doversi confrontarsi all’interno della gerarchia dell’Esercito (Hong Kong China News Agency, 14 agosto; Phoenix Tv, 13 agosto).
Anche se alcune voci nei media cinesi di oltremare abbiano suggerito un collegamento fra l’ex presidente Xi e il disastro di Tianjin, gli aiutanti del presidente in carica coinvolti nelle indagini si sono concentrati sul fatto che Jiang Zemin – presidente della Commissione militare centrale dal 1989 al 2004 – sia stato il patrono dei generali Xu e Guo. Sin dalla sua ascesa al potere – avvenuta durante il 18mo Congresso del Partito alla fine del 2012 – Xi ha iniziato una battaglia di potere con Jiang, che guida la potente “Cricca di Shanghai” all’interno della politica del Partito (South China Morning Post, 11 agosto; Hong Kong Economic Journal, 16 giugno).
Nello scorso mese, i media ufficiali hanno pubblicato due editoriali ritenuti un segno di insoddisfazione di Xi nei confronti dei leader in pensione che si oppongono con violenza alle riforme o rifiutano di abbandonare le luci della ribalta. Un articolo lamentava “gli ostacoli posti alle riforme, così intransigenti e feroci… che vanno oltre l’immaginazione del popolo” (Xinhua, 19 agosto). L’altro criticava alcuni funzionari in pensione che “interferiscono con l’attuale amministrazione” arrivando a “stabilire cricche e cabale” nel Partito. Si ritiene che l’obiettivo di questi due articoli carichi di politica sia Jiang (Radio Free Asia e Hong Kong TVB, 10 agosto). Non è un caso che segni pubblici della presenza di Jiang, fra cui foto e frasi calligrafiche, siano stati rimossi da istituzioni come la Scuola centrale del Partito (BBC China Service, 31 agosto; Radio Free Asia, 22 agosto).
I subordinati di Xi stanno anche investigando sulle protezioni politiche della Ruihai, una delle poche compagnie private ad avere la licenza di gestire pericolosi materiali chimici. Ruihai di certo ha potenti sostegni politici. Li Liang, uno dei maggiori azionisti, è il figlio di Li Ruihai, uomo d’affari e fratello dell’ex membro della Commissione permanente del Politburo Li Ruihuan. Spesso chiamato “il Re di Tianjin” per le sue cariche di sindaco e Segretario del Partito loale, Li (81 anni) è stato membro della Commissione permanente dal 1989 al 2002. In pochi giorni, tuttavia, i due fratelli hanno soddisfatto le autorità del Partito dimostrando di non avere nulla a che fare con il business di Li Liang (Oriental Daily News, 17 agosto; Radio Free Asia e Apple Daily, 15 agosto). Dato che Li Ruihan è stato un acerrimo nemico politico di Jiang Zemin, vi sono buone ragioni per credere che Xi abbia bisogno del suo aiuto nella campagna per limitare l’influenza del suo predecessore.
La preoccupazione di Xi e dei suoi colleghi del Politburo riguardo queste e altre possibili implicazioni delle esplosioni aiuta a capire perché nessun funzionario di alto rango sembra essere incaricato delle indagini. Sono passati cinque giorni dal disastro prima che il premier Li Keqiang si facesse vivo al porto di Tianjin per un’ora di ispezione, durante la quale Li ha ordinato alla CCTV e agli altri media presenti di non accendere le telecamere. Il ritardo nella visita di Li alla città – che dista meno di un’ora di macchina da Pechino – ha interrotto la convenzione fissata dall’ex premier Wen Jiabao: i massimi leader politici si fanno vedere sui luoghi dei disastri, naturali o di matrice umana, entro 48 ore dall’evento (BBC Chinese Service e Hong Kong Economic Times, 16 agosto).
Inoltre, Li ha fatto molto poco per chiarire la questione della responsabilità riguardo la risposta al disastro. A una conferenza stampa tenuta nello stesso giorno, cui erano presenti anche i corrispondenti stranieri, alcuni hanno chiesto al vice capo del Dipartimento per la propaganda del municipio di Tianjin Gong Jiangsheng chi fosse a capo delle operazioni di recupero e di indagine. Gong ha risposto: “Su questa questione, cercherò di avere più informazioni dai miei superiori” (Ming Pao e China News Service, 17 agosto). Si è dovuto attendere il 19 agosto per vedere il funzionario di Tianjin più alto in grado, il sindaco e facente funzioni del Segretario del Partito Huang Xingguo, apparire in conferenza stampa. Huang ha dichiarato che si assume “la responsabilità immensa” di quanto avvenuto, ma non ha detto nulla sulla situazione delle indagini né ha parlato di dimissioni per responsabilità politiche (China.com e Wen Wei Po, 19 agosto).
Pechino ha atteso un’intera settimana dopo l’esplosione per annunciare che una task force di alto livello, guidata dal vice ministro esecutivo del ministero della Sicurezza pubblica Yang Huanning, avrebbe preso in mano le indagini (Xinhua, 19 agosto; Global Times, 18 agosto). Veterano con 32 anni di esperienza nel ministero, Yang è uno specialista della weiwen, il mantenimento della stabilità politica. È implicito che lo stesso ministero stia facendo le sue valutazioni. L’indagine militare è invece coordinata dal protetto di Xi, colonello Zhong, che ha lavorato a stretto contatto con il presidente quando questi era Segretario del Zhejiang e di Shanghai, dal 2002 al 2007 (Duowei News e Reuters, 17 aprile 2014).
Per calmare l’opinione pubblica interna ed estera, le autorità di Pechino hanno annunciato il 27 agosto di aver arrestato 11 funzionari – per la maggior parte di Tianjin – con l’accusa di aver eseguito male i propri compiti relativi alle esplosioni. Quasi tutti sono funzionari di medio livello impiegati nei trasporti, nella gestione del porto e nella sicurezza industriale. Il più alto in grado è il ministro dell’Amministrazione statale per la sicurezza sul lavoro, Yang Dongliang, anche ex vice sindaco di Tianjin.
Eppure Yang non sembra essere stato punito per non aver mantenuto i livelli di sicurezza a Tianjin. La Commissione centrale per l’ispezione e la disciplina, organismo più alto in grado nella lotta alle tangenti, ha scritto sul proprio sito internet che Yang è stato arrestato per “aver violato la disciplina del Partito e la legge”, un riferimento usuale alla corruzione (CCDI e Reuters, 18 agosto; Ta Kung Pao, 19 agosto). Altri due sospettati hanno il rango di capo Dipartimento reginale: il presidente del Tianjin Port Group, Zheng Qingyue, e il capo della Commissione comunicazioni e trasporti Wu Dai (Ming Pao, 28 agosto; Ta Kung Pao, 27 agosto).
Inoltre, molti dirigenti della Ruihai sono stati convocati per essere interrogati. Fra questi il presidente Yu Xuewei, il vice presidente Dong Shexuan e il direttore generale Zhi Feng. I media cinesi e internazionali hanno scritto che Yu era in precedenza un alto funzionario della gigantesca impresa statale Sinochem – che ha investimenti significativi a Tianjin – e che Dong è il figlio del capo della polizia portuale. Le autorità della censura hanno eliminato ogni riferimento a connessioni fra lo staff della Ruihai e Li Ruihai o il fratello Li Ruihuan (RTHK e Caixin.com, 19 agosto; Associated Press, 20 agosto).
Subito dopo aver preso l’incarico di capo investigatore sul disastro di Tianjin, l’alto funzionario di polizia Yang Huanning ha dichiarato che il suo team avrebbe “portato avanti indagini chiare, dettagliate e a tutto tondo. Senza limiti riguardo chi è implicato e quali siano le sue protezioni politiche”. Ha aggiunto che i risultati dell’inchiesta dovranno essere in grado di “superare il test della scienza, il test della legge e quello della storia” (Xinhua, 19 agosto).
Gli osservatori che conoscono le complicate manovre politiche dietro la calamità di Tianjin, però, sono meno sicuri sul come la verità potrà emergere. Secondo il noto storico di Pechino Zhang Lifan, le oscure circostanze che circondano le esplosioni e le conseguenze del disastro “potrebbero indicare un intrigo politico all’interno del Partito”. “Ancora non conosciamo la natura delle esplosioni – ha dichiarato alla stampa di Hong Kong – e non è chiaro chi fosse l’obiettivo e se vi sia coinvolta una cospirazione” (Apple Daily e South China Morning Post, 18 agosto). Nonostante la “incoronazione” di Xi durante la parata militare del 3 settembre, queste domande continuano a gettare dei dubbi sulla reale estensione dell’autorità del presidente e comandante in capo Xi Jinping.
09/01/2018 15:54
26/07/2016 13:13