Il caro-petrolio e le sue conseguenze nell'Asia
(AsiaNews/SCMP) I Paesi asiatici rischiano di vanificare i risultati economici raggiunti dopo la crisi del 1997 se il prezzo del petrolio non scenderà. Analisti e governi del continente hanno avvertito che il vertiginoso aumento del greggio ha iniziato a colpire le economie di diverse nazioni.
Dopo la notizia che il leader religioso sciita Moqatada al-Sadr ha respinto l'ultimatum del governo iracheno, oggi il petrolio ha toccato l'ennesimo record. Nelle contrattazioni elettroniche di New York si arriva quasi a 49 dollari al barile.
L'Asia vanta alcune delle economie più dinamiche del mondo, strettamente dipendenti dalle importazioni di greggio. Kenji Kobayashi - direttore dell'ufficio per i mercati petroliferi e la preparazione alle emergenze dell'Agenzia internazionale dell'energia però avverte: "L'Asia produce solo il 10% del petrolio mondiale ma ne consuma più di un quarto della disponibilità globale. L'elevato costo del greggio provocherà un aumento dell'inflazione e costituirà un ostacolo alla crescita economica". L'inflazione scoraggia i consumatori a spendere e colpisce i guadagni delle compagnie. Per ammortizzare l'impatto della crisi sulle rispettive economie, i governi asiatici hanno iniziato a tagliare le imposte e a introdurre misure per il risparmio energetico.
Secondo Manu Bhaskaran, dirigente del settore di ricerca economica presso il Centennial Group di Singapore, Cina, India e Thailandia, potrebbero essere le più colpite dall'aumento del costo del petrolio. Indonesia, Malaysia e Singapore, invece, potrebbero riuscire a superare meglio di tutti una eventuale crisi economica.
Cina India - Thailandia
La Cina è il terzo importatore di greggio al mondo e insieme all'India, sperimenta le difficoltà di sostenere una veloce industrializzazione. La domanda energetica è in continuo aumento per stare al passo con la sua crescita economica. Secondo analisti, quest'anno la Cina pagherà 8.8 miliardi di dollari in più per assicurarsi gli 880 milioni di barili di cui ha bisogno. Rapporti resi noti ieri sostengono che il governo ha intenzione di comprare azioni delle ferrovie russe in cambio dei necessari rifornimenti di petrolio dalla compagnia petrolifera Yukos.
Quello che più si teme in India è l'impatto dell'inflazione. Il governo ha tagliato le imposte sui consumi per numerosi prodotti petroliferi. Il ministro delle finanze, Palaniappan Chidambaram, ha detto che le tasse su gasolio e diesel scenderanno dal 20% al 15%, provvedimento che farebbe scendere l'inflazione di circa l'1%. L'anno scorso, l'importazione di greggio è costata all'India 15 miliardi di dollari, circa il 3% del suo prodotto interno lordo.
La politica nei confronti del petrolio potrebbe costituire uno dei temi principali nella campagna elettorale per le elezioni generali del prossimo anno in Thailandia. Secondo uno studio recente dell'Agenzia internazionale dell'energia, se i prezzi rimarranno alti fino al 2005, la Thailandia potrebbe perdere l'1,8% del suo prodotto interno lordo, le Filippine l'1,6% e l'India l'1%.
Malaysia Indonesia - SingaporeLa Malaysia, paese esportatore, è quello che nello scenario asiatico risentirà di meno dall'aumento dei costi del greggio. Ma la settimana scorsa il governo ha comunque reso noto che dovrà "rivedere i sussidi a causa delle perdite economiche che stanno diventando un peso".
In Indonesia, dove il settore petrolifero è caratterizzato anche da gravi problemi di corruzione, la soluzione più auspicata è quella di servirsi in modo maggiore delle risorse energetiche locali piuttosto che di quelle importate. Il paese è il primo produttore mondiale di gas naturale. Il governo, intanto, ha annunciato che rivedrà i sussidi, attualmente troppo alti, a benzina, diesel e cherosene (utilizzato dai più poveri in cucina) e sta studiando un piano di risanamento per la Pertamina, la compagnia petrolifera di Stato. Economisti hanno calcolato che, prima della fine dell'anno, l'Indonesia spenderà più di 4 miliardi di euro per i sussidi.
Singapore ricopre un ruolo primario a livello mondiale per la raffinazione del petrolio. Per questo paese la crescita dei prezzi significa maggiori guadagni dai margini della raffinazione e investimenti nella ricerca di giacimenti di greggio e gas nel territorio.
Filippine Taiwan - GiapponeNelle Filippine, il neo presidente Gloria Macapagal-Arroyo sta considerando, nonostante le critiche, di introdurre una tassa sul petrolio per soddisfare il bisogno di maggiori entrate. Come esportatore il Paese potrebbe risentire anche di un'eventuale calo della domanda di petrolio da Cina e Stati Uniti. Il raffreddamento della domanda da questi due paesi è anche alla base del calo nella produzione industriale di Taiwan, salita solo dell' 8,4% a luglio, rispetto al 15,7% di giugno. Stessa situazione per il Giappone che a giugno ha registrato una crescita economica dell'1,7% rispetto al 4,1% previsto dagli analisti.
Al di là di tutto, vi sono anche ottimisti: secondo uno studio di Park Cyn-young, economista dell'Asian Development Bank, i costi attuali del petrolio non avranno un impatto così grave come avvenne negli anni '70 e '80. "Anche se si arriverà a 50 dollari al barile, i paesi asiatici riusciranno a sostenere la crisi", ha affermato la Park. (MA)