27/09/2023, 08.46
AFGHANISTAN-ASIA CENTRALE
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Il canale afghano e i timori dei Paesi vicini

di Vladimir Rozanskij

Il mega-progetto del Qosh Tepa avviato dai talebani per deviare le acque dell'Amu Darya crea allarme in Uzbekistan, Turkmenistan e Tagikistan, che perderebbero fino al 15% delle risorse idriche attuali in un contesto già segnato da una grave crisi. Il nodo dell'assenza di relazioni politiche con il governo dei talebani. Lo spettro di una futura guerra dell'acqua se l'opera lunga 285 chilometri verrà completata.

Tashkent (AsiaNews) - Da più parti, nei Paesi dell’Asia centrale, emergono serie preoccupazioni riguardo alla costruzione del canale Qosh Tepa nel nord dell’Afghanistan, per deviare le acque dell’Amu Darya. Il mega-progetto prevede che il canale principale sarà lungo 285 chilometri, per una larghezza di 100 metri e una profondità di 8,5 metri, e l’iniziativa nel suo complesso mira a convertire 550mila ettari di deserto in terreni agricoli. Il presidente dell’Uzbekistan, Šavkat Mirziyoyev, ha dichiarato che il progetto “può modificare in modo radicale l’equilibrio idrico in tutta l’Asia centrale”.

Il canale viene realizzato dalla Compagnia nazionale per lo sviluppo dell’Afghanistan, interamente a spese del governo di Kabul, per un investimento previsto di 684 milioni di dollari, da concludere entro il 2028. Saranno impiegate circa 250mila persone nei lavori delle provincie di Balkh, Jauzjan e Fariab, attualmente 6mila sono già al lavoro, e i talebani ritengono che sarà un rilancio effettivo di tutta l’agricoltura del Paese. I lavori procedono a grande velocità, e la prima fase del progetto sarà conclusa entro l’anno in corso.

Secondo gli esperti, il nuovo canale potrebbe portare a conseguenze molto negative soprattutto in Uzbekistan e Turkmenistan, che perderebbero fino al 15% delle acque sorgive dal fiume principale della regione, in una fase molto critica per le risorse idriche. L’Uzbekistan è il maggiore usufruttuario dell’acqua dell’Amu Darya, essendo il Paese più popoloso della zona, con oltre 35 milioni di abitanti, numero in costante crescita. Il 90% delle acque viene destinato proprio ai lavori agricoli, ma il bacino attualmente si è abbassato sotto il 65%, creando gravi problemi all’Uzbekistan, ma anche al Tagikistan e al Turkmenistan, non solo a livello economico, ma anche di salvaguardia dell’ambiente e delle riserve naturali vicine al fiume.

Si comprendono quindi le preoccupazioni di Mirziyoyev, espresse durante il recente summit di Dušanbe dei leader dei Paesi fondatori del Fondo internazionale per la salvezza dell’Aral, e ribadite in diverse altre occasioni. Con l’Afghanistan, ha ricordato il leader di Taškent, non esiste alcun accordo sull’utilizzo condiviso delle acque dell’Amu Darya: “Nella nostra regione è apparso un nuovo attore dello sfruttamento idrico, che non ha alcun obbligo nei nostri confronti, ma questo porterà a cambiamenti molto diffusi”. Si rende quindi necessaria la formazione di un gruppo di lavoro per l’analisi di tuti gli aspetti della questione, cercando di trovare un canale di comunicazione efficace con Kabul.

I talebani hanno risposto alle osservazioni di Mirziyoyev attraverso il capo provvisorio del ministero dell’acqua e dell’energia dell’Afghanistan, Abdul-Latif Mansour, secondo il quale “non abbiamo mai avuto storicamente trattative sulla questione dell’acqua, e non possiamo quindi essere accusati di alcuna violazione”, ma il governo di Kabul è comunque disponibile ad aprire un dialogo sull’argomento.

Anche un grande esperto delle risorse idriche, l’ingegnere afghano Najibullah Sadid, che vive e lavora in Germania, pur avendo criticato in passato il progetto del Canale Qosh Tepa, conferma che l’Afghanistan ha tutti i diritti di utilizzare le risorse dell’Amu Darya, che appartengono a Kabul per una percentuale intorno al 30%. Al momento le dichiarazioni dei vari leader ed esperti dei Paesi confinanti non hanno assunto toni polemici o aggressivi nei confronti dei talebani, ma si teme che la situazione possa degenerare una volta attivato il canale, soprattutto se le carenze idriche della regione non verranno in qualche modo superate, e si rischia una futura “guerra dell’acqua” in tutta l’Asia centrale.

 

Foto: Flickr / Kate Dixon

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