21/03/2024, 12.11
MYANMAR
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Il boom dell'oppio all'ombra della guerra in Myanmar

di Steve Suwannarat

Secondo i dati dell'Unodc produzione record nel 2023 con un incremento del 18% nei terreni destinati a questa coltivazione. Il conflitto stesso diventa un incentivo a sostituire le piantumazioni estensive di riso o granoturco. Il raccolto viene raffinato sul posto per essere poi contrabbandato nei Paesi confinanti e raggiungere il mercato globale dell'eroina.

Bangkok (AsiaNews) - Il conflitto in corso in Myanmar alimenta la produzione di oppio e lo fa su due fronti, quello delle risorse necessarie alle parti in causa per proseguire quella che è ormai una guerra civile conclamata e quello della “domanda” della popolazione locale.

I dati disponibili chiariscono l’entità di questo incremento che ha portate le aree di produzione locali a superare come rilevanza quelle dell’Afghanistan, dove dalla loro presa di potere nell’agosto 2021 i talebani ostacolano la produzione. Secondo fonti dell’Unodc (l’Ufficio delle Nazioni Unite per la droga e il crimine) nel 2023 nelle aree spesso remote del Paese e in mano a milizie locali alleate o rivali della giunta militare al potere, sono state prodotte 1.080 tonnellate di oppio contro le 790 del 2022. Un raccolto eccezionale raffinato in eroina perlopiù direttamente tra le foreste e le montagne dello stato Shan e poi contrabbandato in Paesi confinanti per potere essere smerciato sul mercato globale per un valore stimato lo scorso anno tra 835 milioni e 2,2 miliardi di dollari.

La maggiore produzione, incentivata da migliori tecniche di coltivazione, è anche conseguenza del conflitto che ha in parte limitato coltivazioni estensive come quelle del riso e del granoturco e reso precario l’utilizzo delle vie di comunicazione e delle infrastrutture che ne consentivano il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione. Condizioni queste ultime che poco influiscono sull’“industria” dell’oppio che storicamente ha avuto periodi di crescita e di riflusso.

Gli anni di fragile democrazia fra il 2011 e il 2020 avevano visto una ritirata consistente in termini di coltivazione e produzione di derivati, ma con la ripresa di controllo dei militari, la necessità di produzioni facili, più redditizie e che meno espongono ai rischi del conflitto sono tornate prioritarie. La superficie stimata dei terreni dedicati all’oppio nel 2023 è stata di 47mila ettari, superiore del 18% a quella del 2022.

La realtà geografica e la presenza di vasti interessi locali e transnazionali non hanno mai fatto venire meno la coltivazione e gruppi criminali, in queste regioni di difficile accesso e controllo, hanno possibilità di investire con profitti enormi con poca possibilità di repressione da parte di autorità che spesso fingono di ignorare quanto succede. Attualmente un chilogrammo di resina di oppio frutta al coltivatore oltre 300 euro al chilogrammo, una cifra allettante per chi – come un lavoratore agricolo salariato – in condizioni normali può disporre di 250mila kyat (circa 110 euro) al mese e ora è spinto dalla necessità o dalla disoccupazione a cercare risorse alternative.

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