Il Premier maoista Bhattarai apre alle industrie indiane e abbandona Pechino
di Kalpit Parajuli
Gli accordi economici sono frutto della visita di quattro giorni in India, terminata ieri. I quadri maoisti accusano il Primo ministro di tradimento. Il governo nepalese risarcirà le aziende indiane in crisi a causa di scioperi e manifestazioni politiche.
Kathmandu (AsiaNews) – Sventolando bandiere nere in segno di lutto, i quadri maoisti nepalesi scendono in piazza per criticare gli accordi economici e di collaborazione firmati dal Premier Bhattarai durante la sua visita di quattro giorni in India, terminata ieri. Secondo la frange più estremiste, il Primo ministro ha tradito gli ideali del suo stesso partito, da sempre vicino alla Cina e critico verso l’egemonia culturale ed economica di New Delhi.
Dopo l'abolizione della monarchia nel 2006 e la salita al potere di formazioni maoiste e comuniste il Nepal ha cambiato rotta, abbandonando lo storico alleato indiano e allacciando stretti rapporti con la Cina. In cambio di aiuti economici Pechino ha chiesto la chiusura delle frontiere con il Tibet e la repressione di qualsiasi manifestazione anticinese. Eletto lo scorso 27 agosto, Battharai è il terzo Primo ministro del partito maoista. Tuttavia, a differenza dei suoi predecessori, egli ha si è laureato in India, dove ha mantenuto contatti e amicizie all’interno dell’establishment politico, privilegiando la riapertura verso New Delhi a scapito di Pechino.
Gli accordi firmati da Bhattarai prevedono la tutela da parte dello Stato delle aziende indiane presenti sul territorio, che avranno gli stessi privilegi e doveri di quelle locali. In caso di chiusura per ragioni ideologiche, come ad esempio scioperi e proteste, il governo nepalese si è impegnato a risarcire i proprietari delle industrie.
Il Primo ministro ha sottolineato che l’accordo serve per attirare nuovi investimenti esteri nel Paese e garantire la sicurezza a quelli già esistenti, per troppi anni vittime dell’instabilità politica ed economica. In questi anni molte industrie straniere, soprattutto indiane hanno chiuso, per le scarse condizioni di sicurezza e i prezzi del lavoro troppo elevati. Nel Nepal orientale la chiusura della Garment Surya, stabilimento tessile, ha lasciato più 3mila operai senza lavoro.
Jhalanath Khanal, ex Premier e attuale presidente del Partito comunista nepalese, considera l’accordo contro gli interessi nazionali, dei lavoratori e della popolazione. “Gli scioperi nel nostro Paese sono molto frequenti – ha affermato – il nostro Paese non può compensare le società, aggravando ancora di più la crisi economica che da anni colpisce i cittadini”.
Tuttavia, secondo alcuni leader politici le garanzie assicurate dal governo possono essere un incentivo agli investimenti e un deterrente per le continue manifestazioni.
Rameshwor Khanal, ex segretario del ministero delle Finanze ha detto: "Le nostre entrate dipendono soprattutto dalle rimesse dei migranti, che nel lungo periodo non è sostenibile e non porta ricchezza al Paese. Garantire la sicurezza e la stabilità per attirare invece più investimenti è un modo per offrire lavoro ai molti disoccupati e frenare l’emigrazione all’estero”. Secondo Khanal nessuno investirebbe in un Paese senza garanzie. “Bisogna lavorare – ha aggiunto - per evitare quelle situazioni controproducenti che minacciano la stabilità e il lavoro delle industrie”.
Dopo l'abolizione della monarchia nel 2006 e la salita al potere di formazioni maoiste e comuniste il Nepal ha cambiato rotta, abbandonando lo storico alleato indiano e allacciando stretti rapporti con la Cina. In cambio di aiuti economici Pechino ha chiesto la chiusura delle frontiere con il Tibet e la repressione di qualsiasi manifestazione anticinese. Eletto lo scorso 27 agosto, Battharai è il terzo Primo ministro del partito maoista. Tuttavia, a differenza dei suoi predecessori, egli ha si è laureato in India, dove ha mantenuto contatti e amicizie all’interno dell’establishment politico, privilegiando la riapertura verso New Delhi a scapito di Pechino.
Gli accordi firmati da Bhattarai prevedono la tutela da parte dello Stato delle aziende indiane presenti sul territorio, che avranno gli stessi privilegi e doveri di quelle locali. In caso di chiusura per ragioni ideologiche, come ad esempio scioperi e proteste, il governo nepalese si è impegnato a risarcire i proprietari delle industrie.
Il Primo ministro ha sottolineato che l’accordo serve per attirare nuovi investimenti esteri nel Paese e garantire la sicurezza a quelli già esistenti, per troppi anni vittime dell’instabilità politica ed economica. In questi anni molte industrie straniere, soprattutto indiane hanno chiuso, per le scarse condizioni di sicurezza e i prezzi del lavoro troppo elevati. Nel Nepal orientale la chiusura della Garment Surya, stabilimento tessile, ha lasciato più 3mila operai senza lavoro.
Jhalanath Khanal, ex Premier e attuale presidente del Partito comunista nepalese, considera l’accordo contro gli interessi nazionali, dei lavoratori e della popolazione. “Gli scioperi nel nostro Paese sono molto frequenti – ha affermato – il nostro Paese non può compensare le società, aggravando ancora di più la crisi economica che da anni colpisce i cittadini”.
Tuttavia, secondo alcuni leader politici le garanzie assicurate dal governo possono essere un incentivo agli investimenti e un deterrente per le continue manifestazioni.
Rameshwor Khanal, ex segretario del ministero delle Finanze ha detto: "Le nostre entrate dipendono soprattutto dalle rimesse dei migranti, che nel lungo periodo non è sostenibile e non porta ricchezza al Paese. Garantire la sicurezza e la stabilità per attirare invece più investimenti è un modo per offrire lavoro ai molti disoccupati e frenare l’emigrazione all’estero”. Secondo Khanal nessuno investirebbe in un Paese senza garanzie. “Bisogna lavorare – ha aggiunto - per evitare quelle situazioni controproducenti che minacciano la stabilità e il lavoro delle industrie”.
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