Il Papa: la Shoah macchia per sempre la storia dell’umanità
Città del Vaticano (AsiaNews) - "A nessuno è lecito passare oltre" davanti alla tragedia dell'Olocausto, "un crimine che macchia per sempre la storia dell'umanità", una manifestazione del mistero del male, che non può essere negata o dimenticata. Lo scrive il Papa in un accorato messaggio per i 60 anni della liberazione dei prigionieri del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.
Una rievocazione alla quale Giovanni Paolo II unisce suoi ricordi personali della visite compiute, da Papa, nello stesso campo di sterminio nel 1979 ed a Gerusalemme, al museo della Shoah ed al Muro del pianto, nel 2000 ed un appello "a tutti, e particolarmente a coloro che nel nome della religione ricorrono alla sopraffazione e al terrorismo", a non cedere di fronte a ideologie che "giustificano la possibilità di calpestare la dignità umana sulla base della diversità di razza, di colore della pelle, di lingua o di religione".
"In questa circostanza scrive il Papa - non è possibile fare a meno di tornare con la memoria al dramma che lì ebbe luogo, tragico frutto di un odio programmato. In questi giorni occorre ricordare i vari milioni di persone che senza alcuna colpa sopportarono sofferenze disumane e vennero annientati nelle camere a gas e nei crematori. Chino il capo dinanzi a tutti coloro che sperimentarono quella manifestazione del mysterium iniquitatis".
Giovanni Paolo II ricorda poi che nel corso della visita fatta ad Auschwitz nel 1979, davanti alla lapide che, in ebraico, è dedicata a quanti vi persero la vita, ebbe a dire: "proprio questo popolo, che ha ricevuto da Dio il comandamento: «non uccidere», ha sperimentato su se stesso in modo particolare che cosa significa l'uccidere. Davanti a questa lapide non è lecito a nessuno passare oltre con indifferenza". Oggi ripeto quelle parole. A nessuno è lecito, davanti alla tragedia della Shoà, passare oltre. Quel tentativo di distruggere in modo programmato tutto un popolo si stende come un'ombra sull'Europa e sul mondo intero; è un crimine che macchia per sempre la storia dell'umanità. Valga questo, almeno oggi e per il futuro, come un monito: non si deve cedere di fronte alle ideologie che giustificano la possibilità di calpestare la dignità umana sulla base della diversità di razza, di colore della pelle, di lingua o di religione. Rivolgo il presente appello a tutti, e particolarmente a coloro che nel nome della religione ricorrono alla sopraffazione e al terrorismo".
Tornando alla visita del 1979, il Papa ricorda di essersi fermato "a riflettere intensamente anche davanti ad altre due lapidi, scritte in russo e in rom. La storia della partecipazione dell'Unione Sovietica a quella guerra fu complessa, ma non è possibile non ricordare che in essa i Russi ebbero il più alto numero di persone che persero tragicamente la vita.
Anche i Rom nelle intenzioni di Hitler erano destinati allo sterminio totale. Non si può sottovalutare il sacrificio della vita imposto a questi nostri fratelli nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Ecco perché esorto di nuovo a non passare con indifferenza davanti a quelle lapidi". "Dissi anche che bisognerebbe fermarsi davanti a ogni lapide. Io stesso lo feci, passando in orante meditazione da una lapide all'altra e raccomandando alla Misericordia Divina tutte le vittime appartenenti alle nazioni colpite dalle atrocità della guerra. Pregai anche per ottenere, attraverso la loro intercessione, il dono della pace per il mondo. Continuo a pregare senza mai cessare, nella fiducia che, in ogni circostanza, alla fine vincerà il rispetto per la dignità della persona umana, per i diritti di ogni uomo ad una libera ricerca della verità, per l'osservanza delle norme della morale, per il compimento della giustizia e del diritto di ciascuno a condizioni di vita degne dell'uomo".
Perfino ad Auschwitz, scrive ancora Giovanni Paolo II, "in mezzo a quell'indescrivibile accumulo di male, vi furono anche manifestazioni eroiche di adesione al bene. Certamente ci furono tante persone che accettarono con libertà di spirito di essere sottoposte alla sofferenza, e dimostrarono amore non soltanto verso i compagni prigionieri, ma anche verso i carnefici. Tanti lo fecero per amore di Dio e dell'uomo, altri nel nome dei più alti valori spirituali. Grazie al loro atteggiamento si è resa palese una verità, che spesso appare nella Bibbia: anche se l'uomo è capace di compiere il male, a volte un male enorme, il male non avrà l'ultima parola. Nell'abisso stesso della sofferenza può vincere l'amore. La testimonianza di tale amore, emersa in Auschwitz, non può cadere nell'oblio. Deve incessantemente destare le coscienze, estinguere i conflitti, esortare alla pace. Tale sembra essere il più profondo senso della celebrazione di questo anniversario. Se infatti stiamo ricordando il dramma delle vittime, lo facciamo non per riaprire dolorose ferite, né per destare sentimenti di odio e propositi di vendetta, ma per rendere omaggio a quelle persone, per mettere in luce la verità storica e soprattutto perché tutti si rendano conto che quelle vicende tenebrose devono essere per gli uomini di oggi una chiamata alla responsabilità nel costruire la nostra storia. Mai più in nessun angolo della terra si ripeta ciò che hanno provato uomini e donne che da sessant'anni piangiamo!".