Il Papa: “malato tra i malati” scrive ai preti i “salvati per salvare”
Scritta al Gemelli la lettera del Giovedì santo: il sacerdozio come "esistenza grata, donata, salvata per salvare, memore, consacrata, protesa verso Cristo".
Città del Vaticano (AsiaNews) - "Dal Policlinico Gemelli, in Roma, 13 marzo": la data ed il luogo nel quale è stata scritta caratterizzano come non mai la lettera di quest'anno del Papa ai sacerdoti per il Giovedì santo. "In ospedale, ammalato tra gli ammalati, unendo la mia sofferenza a quella di Cristo", scrive il Papa nelle prime righe del documento, alla fine del quale implora la Madonna e affida a lei "specialmente i più anziani, gli ammalati, quanti si trovano in difficoltà". In mezzo il dolore, la malattia, la croce, ma anche la gratitudine a Dio e il "dover essere" del prete, il "salvato per salvare". Il Papa medita infatti sul sacerdozio come "esistenza grata, donata, salvata per salvare, memore, consacrata, protesa verso Cristo". La vita del prete, quindi, come "esistenza grata, donata, salvata per salvare, memore, consacrata, protesa verso Cristo"."Abbiamo osserva tra l'altro - le nostre croci, e certo non siamo i soli ad averne, ma i doni ricevuti sono così grandi che non possiamo non cantare dal profondo il nostro Magnificat". "Dalla sua Croce ha sottolineato in proposito il card. Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per il clero, che ha presentato il documento - il Papa addita ad ogni sacerdote l'insondabile dignità, conferitagli dall'Ordinazione, di poter pronunciare le parole della Istituzione del mistero eucaristico in persona Christi, e di ricevere la capacità di trasformare la propria esistenza sacerdotale in un dono radicale per la Chiesa e per l'umanità, vale a dire di assumere una "forma eucaristica" (cfr.Lettera, n.1)". Vivere da "salvato, per salvare", ricorda Giovanni Paolo II, impegna il sacerdote a ''progredire nel cammino di perfezione: la santità infatti - scrive - è l'espressione piena della salvezza e solo vivendo da salvati diventiamo annunciatori credibili della salvezza". Una vita donata, scrive poi il Papa, chiede al sacerdote di mettersi "a disposizione della comunità e al servizio di chiunque ha bisogno". I tempi in cui viviamo, osserva poi, valorizzano l'"esistenza memore" del sacerdote. "In un tempo in cui i rapidi cambiamenti culturali e sociali allentano il senso della tradizioni ed espongono specialmente le nuove generazioni al rischio di smarrire il rapporto con le proprie radici - spiega - il sacerdote è chiamato ad essere, nella comunità a lui affidata, l'uomo del ricordo fedele di Cristo e di tutto il suo mistero". E' questa la luce nella quale il Papa pone la pratica dell'adorazione eucaristica, naturalmente raccomandata. "Stare davanti a Gesù eucaristia, approfittare, in certo senso, delle nostre 'solitudini' per riempirle di questa Presenza, significa dare alla nostra consacrazione tutto il calore dell'intimità con Cristo, da cui prende gioia e senso la nostra vita". Perché se praticando la carità e vivendo "in mezzo al popolo di Dio", il prete ne "orienta il cammino e ne alimenta la speranza", "un sacerdote conquistato da Cristo più facilmente 'conquista' altri alla decisione di correre la stessa avventura". (FP)
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