Il Papa riceve Abu Mazen. P. Faltas: prima di Natale possibile accordo Israele-Hamas
Questa mattina il pontefice ha ricevuto per mezz’ora, prima volta in tre anni, il presidente Anp. Una nota vaticana sottolinea l’attenzione per la “gravissima situazione umanitaria a Gaza”. Per il vicario della Custodia vi sono le prospettive per un cessate il fuoco e una festa “di pace, ben diversa dallo scorso anno”, anche se resta “grande preoccupazione” per il Libano e la Siria.
Roma (AsiaNews) - “Entro una settimana, prima di Natale, credo che ci sarà un accordo per il cessate il fuoco fra Israele e Hamas. È una mia valutazione”, ma dalla situazione attuale si intravedono le prospettive per una tregua che permetterà di celebrare una festa “ben diversa dallo scorso anno. Un Natale di speranza”. È quanto riferisce ad AsiaNews p. Ibrahim Faltas, vicario generale della Custodia di Terra Santa di Gerusalemme, al termine dell’incontro di oggi fra papa Francesco e Abu Mazen. Il francescano egiziano era parte della delegazione che accompagna il presidente palestinese a Roma, pur precisando “di non aver assistito direttamente” agli incontri.
L’udienza con il pontefice e, a seguire, l’incontro col segretario di Stato card. Pietro Parolin, accompagnato da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, si sono svolti in forma strettamente privata. “Un incontro molto importante in questa situazione - sottolinea p. Faltas - e frutto dei buoni rapporti: il papa vuole bene ad Abu Mazen, e lo stesso vale per il presidente palestinese, perché non ha mai smesso di stare vicino alla causa palestinese”. Abbas, prosegue, “era molto contento sia dell’incontro con il papa, sia di quello, a seguire, con il card. Parolin perché nutre grande fiducia nel Vaticano e nel ruolo che [la Santa Sede] può giocare nel giungere a un cessate il fuoco”.
In una nota diffusa dai media vaticani si sottolinea che “nel corso dei cordiali colloqui in Segreteria di Stato, si è fatto riferimento alle buone relazioni bilaterali, sottolineando l’importante contribuito della Chiesa cattolica nella società palestinese”. Un contributo ancora più significativo in una fase di conflitto “nel soccorrere la gravissima situazione umanitaria a Gaza, dove ci si auspica che quanto prima vi sia il cessate il fuoco e la liberazione di tutti gli ostaggi”. La dichiarazione prosegue ribadendo “la condanna ad ogni forma di terrorismo”. Al tempo stesso sottolinea “l’importanza di raggiungere la soluzione per i due Stati solo attraverso il dialogo e la diplomazia, assicurando che Gerusalemme, protetta da uno statuto speciale, possa essere un luogo d’incontro e amicizia tra le tre grandi religioni monoteiste”. Infine, conclude la dichiarazione, “si è espresso l’auspicio che il Giubileo del 2025 possa portare il ritorno dei pellegrini in Terra Santa, tanto desiderosa di pace”.
Dopo il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Maḥmoud Abbas, domani il papa riceverà il primo ministro ad interim libanese Najib Mikati, a conferma di una intensa attività diplomatica della Santa Sede in atto da tempo. Il colloquio fra il leader palestinese e il pontefice, il primo in tre anni, è durato una mezz’ora abbondante. In una dichiarazione rilasciata poco dopo la conclusione Abbas ha ringraziato Francesco “per le sue posizioni a sostegno del raggiungimento di una pace giusta in Palestina basata sulla soluzione a due Stati”. Di certo vi è che l’attività diplomatica di questi giorni della Santa Sede intende sostenere e rafforzare la via della pace in un Medio oriente insanguinato da guerre e violenze, e favorire il dialogo fra le parti.
Allargando la riflessione alla situazione in tutto il Medio oriente, il vicario generale della Custodia di Terra Santa non nasconde la “grande preoccupazione” sia per il Libano che per la vicina Siria, teatro in queste ultime settimane del crollo improvviso del regime e l’esilio dei leader. Anche qui, aggiunge, la speranza è che si possa arrivare a una soluzione attraverso il dialogo mettendo a tacere le armi che troppe vittime hanno già causato in tutta la regione. “Io spero in un vero accordo prima di Natale - conclude - per festeggiare anche il cessate il fuoco. [Yasser] Arafat ha dichiarato il Natale festa nazionale per tutti, non solo per i cristiani ma per gli stessi musulmani e anche per gli ebrei, che celebrano la festa della Luce. Deve essere una festa di pace per tutti”.
Intanto la comunità internazionale resta concentrata sull’evoluzione della situazione in Siria, con i ribelli che hanno cacciato l’ormai ex presidente Bashar al-Assad e stanno formando un esecutivo di transizione, mentre diverse cancellerie hanno avviato le relazioni con la nuova leadership. Tuttavia, a Gaza la guerra continua con Israele che prosegue nei bombardamenti uccidendo altre 35 persone nelle ultime ore, con un conteggio di morti dal 7 ottobre 2023 che sfiora quota 45mila, cui si sommano oltre 106mila feriti. A poco potrebbe servire la nuova votazione dell’Assemblea generale Onu che ha chiesto l’immediato cessate il fuoco nella Striscia, anche se Hamas secondo fonti del Wall Street Journal (Wsj) avrebbe aperto per la prima volta alla presenza dell’esercito israeliano a Gaza durante la tregua. Al contempo, l’organizzazione palestinese avrebbe fornito ai mediatori un elenco degli ostaggi, tra cui cittadini statunitensi, pronti per essere rilasciati: fino a 30 prigionieri durante un periodo di cessate il fuoco di 60 giorni, in cambio della liberazione da parte di Israele di detenuti palestinesi e l’ingresso di maggiori aiuti umanitari a Gaza.
Sempre sul versante diplomatico, in queste ore il consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan ha incontrato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e altri alti funzionari a Gerusalemme. Per l’amministrazione del presidente uscente Joe Biden è uno degli ultimi - se non l’ultimo - sforzo per cercare di raggiungere una tregua fra lo Stato ebraico e Hamas, oltre a sbloccare la trattativa sugli ostaggi. Presenti all’incontro anche il capo dello Shin Bet Ronen Bar, il capo del Mossad David Barnea e l’uomo chiave del governo per la cattura degli ostaggi, Gal Hirsch. Nelle prossime ore si recherà in Qatar e in Egitto, i due Paesi arabi che, insieme agli Stati Uniti, svolgono il ruolo di mediatori tra Israele e Hamas. Infine, riguardo la doppia partita degli ostaggi e della transizione pacifica in Siria, oggi in Giordania è arrivato il segretario di Stato americano Antony Blinken per incontrare il re Abdullah II. A seguire la Turchia, dove sono previsti vertici con le massime istituzioni locali finalizzate sempre alla tregua nella Striscia e la stabilità a Damasco.
(Foto Vatican Media)
24/06/2016 12:48
29/11/2022 10:04