Il Pakistan censura Google, Youtube e Yahoo, per contenuti contro l’islam
Islamabad (AsiaNews/Agenzie) – Le accuse di blasfemia in Pakistan colpiscono anche il web che ora finisce “sotto osservazione” delle autorità. Tra i siti ad alto rischio censura, compaiono siti minori come pure alcuni big - Google, YouTube, Yahoo!, Amazon, Bing, Msnm e Hotmail - accusati di contenere materiale offensivo nei confronti della popolazione e della religione musulmana.
Il portavoce dell’Autorità pakistana delle telecomunicazioni, Khurram Mehran - su istruzioni del Ministero dell’Informazione e della tecnologia - ha annunciato l’iniziativa lo scorso 26 giugno in seguito alla sentenza del tribunale di Bahawalpur , che ha ordinato di bloccare YouTube e 8 altri siti in risposta a una petizione che riferiva della presenza di materiale “contrario ai principi fondamentali dell'islam”. “Se su questi siti web compariranno link a materiale offensivo dell’islam, i link verranno bloccati, ma senza disturbare le funzioni principali dei siti stessi”, spiega Mehran. Il governo pakistano sostiene che i siti verranno monitorati per motivi di sicurezza nazionale e assicura che nessuno dei principali motori di ricerca verrà sottoposto a censura. Parole che, però, non rassicurano i responsabili dei colossi del web. Il portavoce di Google, Scott Rubin, ricorda che “Google e Youtube sono piattaforme per la libera espressione e continueremo a garantire il più possibile l’attuazione delle nostre politiche”. Anche Yahoo ribadisce che la compagnia “è fondata sul principio che il libero accesso alle informazioni migliora la vita delle persone”.
Finora sono 17 gli indirizzi web bloccati per “link e contenuti anti-islamici e blasfemi”. Tra questi, islamexposed.blogspot.com, blog creato tramite Google, che conteneva una petizione on-line anti-islam e un post dal titolo “Islam, l’ultima ipocrisia”.
Già lo scorso maggio l’Alta Corte aveva ordinato il blocco del social network Facebook per due settimane, a causa della pubblicazione di una vignetta blasfema su Maometto. Il bando è stato revocato dopo la protesta di centinaia di giovani musulmani, che usano il social network. I riferimenti legislativi invocati dal governo e dall’Alta Corte per giustificare la censura sono quelli della cosiddetta “legge sulla blasfemia”, introdotti oltre 25 anni fa dall’allora presidente del Pakistan, Zia-ul-Haq, per garantire il rispetto del profeta Maometto e del Corano. Contro la legge che fa numerose vittime tra musulmani e minoranze religiose si batte da tempo anche la Chiesa cattolica.
14/09/2005