Il Libano saluta Gebran Tueni, "martire della libertà d'espressione"
Sciopero generale nel Paese; in migliaia ai funerali del deputato cristiano ucciso. Accuse contro Damasco per l'attentato.
Beirut (AsiaNews) - Migliaia di libanesi sono scesi in piazza dei Martiri oggi per dare l'ultimo saluto a Gebran Tueni, il deputato cristiano e giornalista anti-siriano ucciso il 12 dicembre in un attentato a Beirut.
Agitando bandiere libanesi e innalzando foto dello scomparso, la folla ha atteso davanti alla sede di An Nahar, il quotidiano che dirigeva, l'arrivo della bara di Tueni, assieme a quelle del suo autista e delle due guardie del corpo rimasti uccisi nell'attentato. In migliaia, cristiani e musulmani, hanno affollato la chiesa greco-ortodossa di San Giorgio, al centro della capitale, per testimoniare solidarietà alla famiglia.
A capo di una delegazione di una decina di vescovi e superiori generali, anche il patriarca maronita, cardinale Nassrallah Sfeir, si è recato in chiesa per portare le sue condoglianze alla famiglia. Parlando con il padre del deputato, Ghassan Tueini, Sfeir ha espresso la sua condanna all'assassinio e ha chiesto a tutti di continuare la ricerca della verità auspicando la rinascita di un Libano sovrano e indipendente.
"Tutti i libanesi salutano oggi il martire della libertà di espressione Gebran Tueni" si legge sulla prima pagina del quotidiano Al Mustaqbal. Il corteo funebre è passato davanti alla sede del parlamento, dove i deputati si sono riuniti per osservare un minuto di silenzio in memoria del collega ucciso, il cui posto vuoto era avvolto in una bandiera libanese. Uffici, banche e scuole in tutto il Paese sono rimaste chiusi aderendo all'appello del movimento del 14 marzo, fondato dopo l'assassinio di Rafik Hariri e di cui Gebran era uno dei leader.
Tueni, 48 anni, era uno dei più strenui oppositori del regime di Damasco, su cui da subito si sono riversate accuse di responsabilità. "Si può dire 'no' in questo Paese senza rischiare di essere uccisi?" ha chiesto il leader druso Walid Jumblatt. Davanti al parlamento lo zio di Gebran, il ministro Marwan Hamade - considerato "martire vivente", perché sopravvissuto ad un attentato nell'ottobre 2004 - ha accusato il regime siriano di essere responsabile dell'assassinio. ''Bashar, chi e' il prossimo?'' si legge sui cartelli innalzati dalla folla, direttamente rivolti al presidente siriano Bashar Assad. ''Vergognati Lahoud. Dimettiti'', scandisce la gente, attaccando il presidente filo siriano Emile Lahoud.
Elio, il figlio 11enne di una delle 2 guardie del corpo, morte nell'attentato a Gebran, ha detto ad AsiaNews prima dei funerali: "Perché hanno ucciso papà prima del Natale, quando tutta la famiglia si riunisce?". Elio ha concluso tra le lacrime: "Piango, ma come Gesù perdono chi ha ucciso papà e zio Gebran".
13/12/2005