Il Kuwait primo Paese del Golfo a prevedere diritti per le domestiche
Un decreto del Ministro degli interni garantisce uno stipendio minimo e fissa i diritti come il riposo, le ferie, la liquidazione, ponendo fine a una situazione nella quale sono comuni le denunce di abusi. Soddisfazione dei gruppi per la tutela dei diritti che hanno ripetutamente esortato gli Stati del Golfo a riformare le loro leggi sul lavoro.
Kuwait City (AsiaNews/Agenzie) – Il Kuwait è il primo Paese del Golfo a prevedere un contratto per le domestiche che garantisca loro uno stipendio minimo, ponendo quindi fine a una situazione nella quale sono comuni le denunce di abusi.
Un decreto emanato dal ministro degli interni, Sheikh Mohammad Khaled Al-Sabah, fissa lo stipendio minimo mensile a 60 dinari (circa 200 dollari) e riconosce al personale domestico altri diritti.
La decisione del Kuwait è stata accolta con favore da Human Rights Watch (HRW) e di altri gruppi per i diritti umani, che invitano gli altri Paesi dell’area a seguirne l'esempio per affrontare gli abusi assai diffusi.
Il decreto, che attua una legge approvata lo scorso anno, stabilisce che i datori di lavoro debbano pagare il lavoro straordinario, che i domestici abbiano diritto ad un giorno di riposo settimanale e 30 giorni di ferie annuali retribuite, che la giornata lavorativa sia di 12 ore con il riposo, e che ai lavoratori sia riconosciuta una liquidazione alla fine del periodo lavorativo, pari a un mese di stipendio all’anno.
Le circa 600mila lavoratrici domestiche del Kuwait fanno parte dell’almeno 2,4 milioni di domestiche presenti nel Golfo. Esse non hanno alcuna copertura legislativa per il loro lavoro. HRW e altri gruppi hanno documentato abusi diffusi, tra cui il mancato pagamento dei salari, orari di lavoro prolungati, senza giorni di riposo, aggressioni fisiche e sessuali.
HRW ha ripetutamente esortato gli Stati del Golfo a riformare le loro leggi sul lavoro per coprire i lavoratori domestici e fornire loro protezioni uguali agli altri lavoratori. Particolarmente criticato il Kafala, accusato di essere una forma di lavoro forzato. In base ad esso, un lavoratore – che spesso è costretto a lasciare i suoi documenti personali in mano al datore di lavoro – non può cercare un altro impiego prima del termine stabilito dal contratto, a meno che non ci sia un accordo tra i datori di lavoro.