03/07/2010, 00.00
KIRGHIZISTAN
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Il Kirghizistan può insegnare la democrazia anche alla Cina

Dopo il referendum per la democrazia, Rosa Otunbayeva ha prestato oggi giuramento come presidente del Kirghizistan diventando il primo capo di stato donna di una repubblica centroasiatica. Bao Tong, ex dirigente cinese del Pcc, parla della volontà di democrazia del popolo kirghiso, più forte di decenni di poca libertà e delle drammatiche violenze etniche delle ultime settimane. Un esempio che deve far meditare i leader di ogni Paese.

Hong Kong (AsiaNews/RFA) – Quest’oggi, Rosa Otunbayeva ha prestato giuramento come presidente del Kirghizistan, diventando il primo capo di stato donna di una repubblica centroasiatica. La Otunbayeva ha assunto la guida ad interim del paese in aprile, dopo le rivolte che hanno costretto alla fuga l’ex presidente Kurmanbek Bakiyev. Lo scorso 27 giugno la popolazione ha votato un referendum per la revisione costituzionale, tenuto nonostante le perduranti violenze nel sud. Oltre il 90% dei votanti ha approvato maggiori poteri al parlamento riducendo quelli del presidente, portando il Paese verso la svolta democratica. Lo statista Bao Tong fa emergere alcuni insegnamenti per la Cina.

“Il desiderio di democrazia del Kirghizistan, è più forte delle drammatiche violenze etniche nel meridione del Paese”: lo afferma Bao Tong, ex segretario del premier del Partito Comunista cinese Zhao Ziyang, in un articolo apparso su Radio Free Asia in occasione dell’89° anniversario dalla fondazione del Pcc il 1° luglio 1921. Il dissidente vede nei fatti accaduti in Kirghizistan un esempio e un monito per il futuro della Cina.

“Il Kirghizistan ha deciso con il referendum di diventare una democrazia, portando speranza di una stabilità duratura. La popolazione del Kirghizistan ha prodotto una nuova legge elettorale, con alcune certezze, sulla base del referendum”.

Lo scorso aprile la popolazione era scesa in piazza costringendo il presidente Kurmanbek Bakiyev a fuggire all’estero. Il governo di Bakiyev era criticato per la concentrazione del potere nelle sue mani e per la diffusa corruzione.

“Un popolo che non ha paura di [tenere un] referendum universale, non avrà nulla da temere da elezioni universali, dirette. Con la loro mancanza di paura, essi hanno trovato la via per una pace e una stabilità durature”, scrive Bao Tong dalla sua casa di Pechino dove è agli arresti domiciliari, dopo avere scontato 7 anni di carcere per le proteste pro-democrazia di piazza Tiananmen. Zhao e i suoi sostenitori caddero in disgrazia per non avere voluto stroncare le proteste con la violenza, come ha poi fatto la leadership che l’ha sostituito.

I media statali cinesi hanno parlato in modo positivo del referendum del Kirghizistan e riferito il deciso sostegno dato dalle Nazioni Unite a questi cambiamenti, che possono portare a elezioni parlamentari entro il 2010. L’agenzia ufficiale Xinhua ha riportato il commento del Segretario Onu Ban Ki-Moon che “l’adozione di una nuova costituzione è un passo importante verso la promozione di uno Stato di diritto e l’instaurazione di governo eletto democratico e legittimo”.

Xinhua ha anche riportato il commento della premier del governo provvisorio Roza Otunbayeva che ha salutato il risultato come l’inizio di “un’autentica democrazia popolare” e la fine di una sistema “autoritario e nepotista”. Nelle settimane subito prima del referendum ci sono stati gravi scontri tra gli etnici kirghisi e uzbeki, che hanno causato centinaia di morti e oltre 400mila profughi etnici uzbeki.

Bao, sulla base della vicenda kirghisa, parla dei metodi usati nella storia cinese per trasferire il potere da una generazione a quella successiva. Egli scarta il metodo di “designare i successori” come sembra stia per fare il leader nordcoreano Kim Jong Il e come non riuscì a fare l’ex leader supremo cinese Mao Zedong.

“E’ troppo rischioso e allo stesso tempo troppo instabile affidare il potere supremo di governo di un popolo a un tipo di decisione con un sistema-senza-sistema”, dice Bao, che precisa che la Rivoluzione del 1911 guidata da Sun Yat-sen aveva “aperto una nuova finestra” al popolo cinese.

“In un Paese che voleva chiamarsi una repubblica – scrive Bao – la popolazione era l’artefice ultimo”. “E così l’idea di elezioni piene e dirette si affermò in modo profondo nella mente della gente… Era un principio nuovo”.

Ma con la fondazione della Repubblica popolare di Cina nel 1949, la via verso elezioni democratiche fu abbandonata in favore delle elezioni del candidato-unico, nelle quali il solo candidato è predeterminato dai leader del Pcc.

“Ognuno – scrive ancora Bao – può vedere subito l’indescrivibile genialità dell’elezione con il candidato-unico”. “E’ abbastanza semplice quello che è l’essenza della storia del nostro Paese – è stato abbandonato il sistema ceh favoriva la tradizione della famiglia reale, [per varare] il sistema-senza-sistema nel quale chi detiene il potere decide chi gli succederà”.

All’inizio di questa settimana il presidente Hu Jintao ha richiamato i membri del Pcc a “svolgere un ruolo di esempio”, in risposta alla continua protesta pubblica contro la diffusa corruzione tra i funzionari comunisti, alla crescente richiesta di riforme politiche e per cambiamenti sociali. Da tempo analisti osservano che la corruzione è conseguenza proprio della mancanza di democrazia e di libertà di critiche verso chi ha potere.

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