Il Kazakistan, ponte tra Oriente e Occidente
Un saggio della “Fondazione per la scienza e la politica” in Germania identifica in Astana un grande Paese di frontiera nel mondo di oggi. Mettando in risalto la sua ambizione a una propria "autonomia strategica" nel delicato gioco degli equilibri geopolitici. Favorita anche dallo spazio nuovo aperto per la sua economia dalle sanzioni alla Russia.
Astana (AsiaNews) - Il centro di analisi scientifiche tedesco “Fondazione per la scienza e la politica” (Swp) ha pubblicato una raccolta di articoli dedicati agli Stati che gli esperti definiscono “Paesi di mezzo”, e tra le 12 presentazioni spicca in particolare quella del Kazakistan. La lista è composta da Turchia, Israele, Egitto, Arabia Saudita, Kazakistan, India, Indonesia, Etiopia, Kenya, Sudafrica, Messico e Brasile. Queste sarebbero le “potenze mediatrici, attori influenti nei giochi della politica internazionale”, tutte diverse tra loro, ognuna con le proprie specifiche caratteristiche.
I dodici Paesi avrebbero peraltro alcuni tratti comuni molto importanti, a partire dall’importanza prioritaria dello sviluppo economico, il forte accento posto sulla sicurezza e la stabilità, e la tendenza a mantenere un’autonomia strategica. Il Kazakistan è stato inserito nel gruppo dagli analisti della Swp in quanto corrisponde a questi parametri fondamentali, e più di ogni altro sembra in effetti rappresentare la frontiera tra Oriente e Occidente. L’attenzione alla sicurezza è una dimensione obbligata per un Paese circondato dall’instabilità dei suoi vicini, a cominciare dalla minacciosa Russia, con l’Azerbaigian che non riesce ad arrivare a una soluzione con l’Armenia, il Kirghizistan e il Tagikistan in perenne lite per le frontiere, per non parlare dell’Afghanistan e della regione turanica dello Xinjiang cinese.
I ricercatori tedeschi osservano inoltre che una delle parole preferite dalla classe dirigente del Kazakistan è l’“autonomia strategica”, detta anche “multivettorialità”, apprezzata anche in Germania come multivektorizm. Il membro della Swp più competente per l’Asia centrale, la ricercatrice Andrea Schmitz, sottolinea l’importanza della posizione geografica del Paese, “stretto” tra Russia e Cina pur nella sua grande estensione. L’influenza russa rimane comunque prevalente per via dell’inerzia post-sovietica, evidente in tutti Paesi dell’Asia centrale, ma in Kazakistan in misura minore rispetto ai vicini. La Schmitz porta l’esempio della posizione rispetto alla guerra della Russia in Ucraina, ricordando che Astana non ha sostenuto la risoluzione dell’Onu di condanna dell’aggressione, ma ancora nel 2022 il presidente Kasym-Žomart Tokaev disse in faccia a Putin, in un incontro a San Pietroburgo, che i kazachi non riconoscono l’autonomia delle cosiddette repubbliche di Lugansk e Donetsk.
Il Kazakistan è il Paese della regione che collabora più intensamente con gli Stati Uniti e l’Europa, fin dall’inizio dell’indipendenza post-sovietica, senza mai mostrare tentennamenti al riguardo, e “la Ue rappresenta oggi il principale investitore nel Paese, con una quota del 40% del commercio estero, superando Russia e Cina”, ricorda Andrea Schmitz. Allo stesso tempo partecipa convintamente alla Eaes eurasiatica e alla Belt & Road Initiative cinese, senza peraltro rinunciare al progetto concorrenziale delle “Porte globali” europee. Si tratta quindi di un vero “ponte tra Oriente e Occidente, e con il porto di Aktau diventa la cerniera del corridoio Transcaspico”.
Non si nasconde comunque che tra i circoli politici del Kazakistan rimangano ancora parecchie resistenze alla collaborazione con l’Unione Europea; forze conservatrici attive in vari strati della società che considerano queste aperture come minacce ai legami dell’Asia centrale con i suoi alleati “tradizionali”. Nel lungo periodo della presidenza di Nursultan Nazarbaev, che ancora fa sentire i suoi effetti nonostante tutti i proclami delle “grandi riforme” di Tokaev, il Kazakistan non è riuscito a diversificare in modo sostanziale l’economia, continuando a basarsi sui “soldi facili” dell’estrazione del petrolio. Oggi il conflitto in Ucraina segna in questo campo un punto di svolta decisivo, in quanto le sanzioni alla Russia danno un impulso all’apertura più vasta possibile delle relazioni economiche internazionali, considerando che il petrolio kazaco passava quasi interamente dal territorio russo.
Nel confronto con i vicini centrasiatici, ritengono gli esperti tedeschi, il Kazakistan appare inoltre come il Paese più libero e democratico, pur essendo anch’esso una repubblica presidenziale autoritaria con una grande distanza tra la casta al potere e la società civile. Esiste però un dibattito pubblico più aperto, e i principi liberali sembrano aver trovato radici più profonde, aprendo una finestra su mondi da sempre contrapposti.
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