Il Giubileo “speranza di pace per la Corea del Nord e l’India”
Città del Vaticano (AsiaNews) – L’apertura della Porta Santa e l’inizio del Giubileo della Misericordia rappresentano una speranza di pace anche per i popoli asiatici. Ne sono convinti suor Lucy, sudcoreana; il giovane cattolico filippino Anthony e p. Lawrence, sacerdote dello Stato indiano del Karnataka. Che, prima dell’inizio della celebrazione eucaristica di questa mattina, raccontano ad AsiaNews speranze e propositi di preghiera per l’Anno Santo.
Fra le decine di migliaia di persone che hanno riempito piazza san Pietro vi è anche suor Lucy, religiosa che viene dalla diocesi di Daejeon in Corea del Sud. È felicissima di poter assistere a questo “momento storico per la Chiesa. Sono a Roma per motivi di studio, devo finire il mio dottorato, e quando il papa Francesco ha annunciato l’intenzione di celebrare l’Anno Santo ho subito fatto i calcoli per capire se sarei stata ancora qui per vederlo di persona”.
Ora che è arrivato il momento “mi rendo conto che non è soltanto una bellissima cerimonia o un momento particolare. È proprio un invito alla conversione di tutti noi. Io prego perché la misericordia di cui il pontefice parla sempre possa aiutare il popolo coreano a riunirsi di nuovo, trovando la strada per la riconciliazione”.
Anthony invece a Roma lavora, presso una famiglia, come collaboratore domestico: “Sono di Cotabato, nelle Filippine, e non sarei mancato per nulla al mondo”. Il suo telefono squilla in continuazione: “Sono i miei familiari, rimasti a casa. Mi mancano molto ma ho bisogno di lavorare, e qui mi trovo bene. Spero che gli appelli di Francesco per la cura dei migranti possano migliorare le condizioni di vita di chi deve andare via per trovare un salario. Nel mio caso sono fortunato, lavoro e mi trattano bene. Ma conosco tante persone che invece vivono in una sorta di schiavitù, e non è giusto”.
Il p. Lawrence viene invece dal sud dell’India, ovvero dal Karnataka: “La misericordia cui è dedicato questo Giubileo è fondamentale per il mio Stato e per il mio Paese, troppo spesso sconvolti da attacchi contro i cristiani e le altre minoranze. Penso che se applicassimo davvero il concetto di misericordia e di amore fraterno, finirebbero queste atrocità”.
Sono certo, conclude il sacerdote, “che dietro alla violenza che infiamma il mondo non ci sia davvero la religione. Piuttosto, questa viene usata da chi ha altri oscuri interessi. Per quanto ogni religione sia diversa, tutte hanno un cardine di misericordia. Se avessimo l’umiltà di ascoltare davvero quello che il papa ci ricorda così tanto spesso, la situazione migliorerebbe subito”.