Il Documento sulla fratellanza umana, profetico e rivoluzionario
Le critiche: sono “solo parole”; o “ha una base teosofica”. In realtà il documento traccia le piste per la collaborazione in tutti i campi: per la rinascita della dimensione religiosa contro il materialismo nichilista; per la difesa della vita dal suo inizio fino alla morte; per l’educazione dei giovani. Le basi per affermare la libertà di coscienza, la cittadinanza piena per i cristiani nei Paesi islamici; la dignità della donna. Qualche similitudine con il discorso di Benedetto XVI a Regensburg, falsamente interpretato come “contrario all’islam”.
Roma (AsiaNews) - Il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, firmato ieri ad Abu Dhabi da papa Francesco e il grande imam di Al Azhar Ahmad Al Tayyib ha un valore profetico e rivoluzionario: profetico perché stabilisce il modo in cui trattarsi fra membri delle religioni e soprattutto fra cristiani e musulmani, proprio mentre si predica sempre più una “impossibile convivenza”; rivoluzionario perché esso intende non solo migliorare i rapporti fra le fedi, ma ridare un’anima spirituale al mondo della misura e del profitto.
Qualcuno lo ha già liquidato come “solo parole”. In effetti un documento è fatto di parole, ma esse squarciano la mente, la illuminano e indicano una direzione: una parola è sempre una rivelazione.
Ne sono convinti anche i due firmatari, che parlano di “dichiarazione comune di buone e leali volontà” e chiedono ad “autorità, ai leader influenti” e a tutte le istituzioni di tradurla “in politiche, decisioni, testi legislativi, programmi di studio e materiale di comunicazione”.
Altri storcono il naso, dicendo che il documento ha un sapore “teosofico”. In realtà a me sembra che il documento ha una forte base “creazionista”, citando il “Dio che ha creato tutti gli esseri umani”, da cui derivano diritti, doveri, impegni contro la guerra, l’uso manipolato della religione, ecc. Questa sottolineatura del Dio creatore dà al motto “fraternità” un chiaro sapore religioso e per nulla romantico o esoterico.
Vi sono alcune parole in particolare che vanno sottolineate.
Anzitutto la scelta di “adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”. L’indifferenza e l’ignoranza reciproca della propria fede sta infatti creando barriere e sospetti sempre più grandi. Molti si sono stupiti che negli emirati esistono comunità cristiane vive, operanti, che contribuiscono al bene della società. Questo perché l’idea dominante in occidente è che l’islam è intollerante e sanguinario. Lo stesso avviene per i musulmani, che confondono ogni cosa occidentale, anche la peggiore, come “cristiana”.
Un altro punto forte è la critica alle “filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti”, che allontanano dai valori religiosi e alla fine portano i giovani “a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva”. Trovo questo punto fondamentale perché ricorda molto da vicino il discorso che Benedetto XVI ha fatto a Regensburg nel 2006. Quel discorso è stato manipolato, presentandolo come “contro l’islam”. In realtà, Benedetto XVI aveva affermato che la ragione (e Dio) non richiede la violenza, e soprattutto, aveva messo in luce che l’eliminazione della dimensione religiosa dalla cultura occidentale, o della ragione strumentale planetaria, avrebbe portato a conflitti senza numero: proprio come suggerisce questo documento.
La collaborazione a partire dalla dimensione religiosa e della fraternità porta a una difesa della famiglia e della vita: “Perciò condanniamo tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo”. Nel 1994, al Cairo, alla Conferenza Onu sulla popolazione, l’unità fra Paesi islamici e cattolici aveva bloccato l’uso dell’aborto come metodo contraccettivo. Proviamo a pensare cosa potrebbe significare la collaborazione di oltre un miliardo di cattolici e un altro miliardo di musulmani per frenare le derive suicidarie e mortifere di agenzie per l’eutanasia e l’aborto e ridare senso alla vita “dal suo inizio fino alla sua morte naturale”.
Vi sono poi alcune parole che sono rivoluzionarie per il mondo musulmano. A un certo punto, il Documento parla di “libertà di credo” e citando alla lontana il Corano, condanna il “costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura”. Penso che qui ci sia la base per una vera libertà di coscienza e di libertà di cambiare religione che tarda a venire in molti Paesi islamici.
Si arriva perfino a invitare “alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti”, accettando la presenza di atei nella società, che di solito i musulmani integralisti considerano degni di morte.
Si potrebbe parlare ancora del valore della “piena cittadinanza” nelle nostre società, rinunciando “all’uso discriminatorio del termine minoranze”, che è un elemento richiesto moltissime volte dai cristiani dei Paesi islamici; dell’impegno per i diritti delle donne; per la protezione dei luoghi di culto; e tanti altri temi. Si suggerisce perfino un nuovo rapporto non conflittuale fra Oriente e Occidente, ma di collaborazione reciproca: “L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale”.
Per non farli restare solo a livello di buone intenzioni, la Chiesa cattolica e Al Azhar si sono impegnate a che “questo Documento divenga oggetto di ricerca e di riflessione in tutte le scuole, nelle università e negli istituti di educazione e di formazione, al fine di contribuire a creare nuove generazioni che portino il bene e la pace e difendano ovunque il diritto degli oppressi e degli ultimi”.