Il “razzismo” della Corte suprema israeliana
di Joshua Lapide
Palestinesi che si sposano con un israeliano non possono godere della cittadinanza. Per i conservatori questo salva Israele dal “suicidio demografico”, ma per attivisti e liberali la decisione della corte è una discesa “verso l’apartheid”.
Gerusalemme (AsiaNews) – Gruppi per i diritti umani e blogger danno pesanti giudizi di “razzismo” e di incostituzionalità alla decisione della Corte suprema israeliana di vietare la cittadinanza israeliana a palestinesi che sposano un/una israeliana.
La sentenza della Corte, che conferma una legge del 2003, è stata diffusa nella serata dell’11 gennaio ed è passata per 6 voti contro 5. Uno dei giudici a favore, Asher Grunis ha difeso la scelta dicendo che “i diritti umani non prescrivono il suicidio nazionale”.
La legge era passata in origine come legge di emergenza e vietava a palestinesi sposati con partner israeliano di ricevere la cittadinanza e la residenza permanente nello Stato. I motivi erano dettati dalla sicurezza: in quel periodo vi erano stati attacchi terroristi compiuti da palestinesi entrati in Israele,provenienti dai Territori occupati e aiutati nel loro compito da palestinesi israeliani.
La legge ha continuato ad essere applicata con qualche emendamento: nel 2005, per esempio, si è dato il permesso a donne sopra i 25 anni e uomini sopra i 35 anni di risiedere in modo temporaneo in Israele, ma sempre escludendo l’acquisizione della cittadinanza.
Nel 2007 il divieto è stato ampliato per abbracciare anche persone che provengono da Iran, Iraq, Siria e Libano. In seguito si è cercato di fare qualche eccezione, visto che molto raramente spose palestinesi sono divenute terroriste. Lo scorso anno sono state approvate 33 eccezioni su oltre 3mila richieste.
Attivisti per i diritti umani accusano come “razzista” questa legge perché in pratica costringerebbe qualunque israeliano di origine palestinese a dover emigrare in caso egli voglia sposare una palestinese dei Territori o di Gaza, o a dover vivere lontano dalla sua sposa.
Secondo i politici conservatori, la legge salva gli israeliani dal “suicido demografico”: se si concede alle donne palestinesi di diventare cittadine israeliane, in poco tempo l’equilibrio fra le due comunità verrebbe squilibrato a favore dell’etnia palestinese.
La legge è comunque molto controversa. Lo stesso presidente della Corte suprema, Dorit Beinisch, contrario alla legge, afferma che la libertà di sposarsi e il diritto di una famiglia è alla base dei principi democratici.
Un editoriale di Haaretz pubblicato oggi ricorda che nel 2006 la stessa legge venne considerata “incostituzionale”, con un voto della Corte suprema di 6 a 5. Oggi, con la stessa votazione (6 a 5) essa viene considerata “costituzionale. Secondo il giornale, questa legge mette lo Stato di Israele “sulla china dell’apartheid”.
La sentenza della Corte, che conferma una legge del 2003, è stata diffusa nella serata dell’11 gennaio ed è passata per 6 voti contro 5. Uno dei giudici a favore, Asher Grunis ha difeso la scelta dicendo che “i diritti umani non prescrivono il suicidio nazionale”.
La legge era passata in origine come legge di emergenza e vietava a palestinesi sposati con partner israeliano di ricevere la cittadinanza e la residenza permanente nello Stato. I motivi erano dettati dalla sicurezza: in quel periodo vi erano stati attacchi terroristi compiuti da palestinesi entrati in Israele,provenienti dai Territori occupati e aiutati nel loro compito da palestinesi israeliani.
La legge ha continuato ad essere applicata con qualche emendamento: nel 2005, per esempio, si è dato il permesso a donne sopra i 25 anni e uomini sopra i 35 anni di risiedere in modo temporaneo in Israele, ma sempre escludendo l’acquisizione della cittadinanza.
Nel 2007 il divieto è stato ampliato per abbracciare anche persone che provengono da Iran, Iraq, Siria e Libano. In seguito si è cercato di fare qualche eccezione, visto che molto raramente spose palestinesi sono divenute terroriste. Lo scorso anno sono state approvate 33 eccezioni su oltre 3mila richieste.
Attivisti per i diritti umani accusano come “razzista” questa legge perché in pratica costringerebbe qualunque israeliano di origine palestinese a dover emigrare in caso egli voglia sposare una palestinese dei Territori o di Gaza, o a dover vivere lontano dalla sua sposa.
Secondo i politici conservatori, la legge salva gli israeliani dal “suicido demografico”: se si concede alle donne palestinesi di diventare cittadine israeliane, in poco tempo l’equilibrio fra le due comunità verrebbe squilibrato a favore dell’etnia palestinese.
La legge è comunque molto controversa. Lo stesso presidente della Corte suprema, Dorit Beinisch, contrario alla legge, afferma che la libertà di sposarsi e il diritto di una famiglia è alla base dei principi democratici.
Un editoriale di Haaretz pubblicato oggi ricorda che nel 2006 la stessa legge venne considerata “incostituzionale”, con un voto della Corte suprema di 6 a 5. Oggi, con la stessa votazione (6 a 5) essa viene considerata “costituzionale. Secondo il giornale, questa legge mette lo Stato di Israele “sulla china dell’apartheid”.
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11/06/2020 12:56
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