Idlib, la diplomazia internazionale - senza gli Usa - al lavoro per preservare la tregua
A Istanbul Russia, Turchia, Germania e Francia chiedono di mantenere e rafforzare il cessate il fuoco. E auspicano una “soluzione politica” per mettere fine al conflitto. Il nodo della nuova bozza di Costituzione e le prossime elezioni, oltre al futuro di Assad. Washington avverte Mosca: non ci rimpiazzerà in Medio oriente.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Nel contesto di un summit sulla Siria ieri a Istanbul, i governi di Turchia, Russia, Francia e Gran Bretagna hanno lanciato un appello per il mantenimento del cessate il fuoco a Idlib. Al contempo, i leader presenti all’incontro hanno esortato la diplomazia internazionale e gli attori coinvolti a trovare una “soluzione politica” per mettere fine a un conflitto che da oltre sette anni insanguina il Paese ha provocato fino a 500mila vittime.
Nella dichiarazione finale diffusa al termine dell’incontro Mosca, Ankara, Parigi e Berlino insistono “sull’importanza di una tregua duratura”, pur tenendo presente la “necessità” di “continuare la lotta contro il terrorismo”. I partecipanti hanno quindi sottolineato con favore “i progressi” nella realizzazione di una zona demilitarizzata a Idlib, nel nord-ovest della Siria, che separa le truppe governative siriane dai gruppi ribelli asserragliati nella zona.
La nota prosegue evidenziando la “determinazione” comune dei leader a “lavorare insieme” per creare le “condizioni propizie” per “la pace e la sicurezza in Siria”. In questo senso va letto il “sostegno a una soluzione politica” e l’opera di “rafforzamento” del “consenso internazionale” in questa “direzione”.
La speranza è che siano “elezioni” regolari affidate al popolo siriano a decidere della sorte del presidente Bashar al-Assad, il cui ruolo presente e futuro nel Paese è uno degli elementi di contrasto che, in passato, ha fatto vanificare gli sforzi Onu per la pace e un accordo fra le parti. “Dobbiamo avanzare - affermano i leader - nel processo politico che deve portare a elezioni libere, aperte a tutti i siriani, ivi compresi quelli della diaspora”.
I quattro hanno infine lanciato un appello per “stabilire una (prima) riunione a Ginevra, prima della fine dell’anno, del Comitato Costituzionale” chiamato a scrivere le regole future del Paese, partendo proprio dalla Carta fondante dello Stato. Questo, precisano, “se le condizioni lo permetteranno” assieme all’ingresso “senza restrizioni” di aiuti umanitari per le popolazioni più povere e martoriate.
A fronte degli appelli della diplomazia internazionale, la situazione nella provincia di Idlib resta di profonda tensione: nei giorni scorsi una serie di raid aerei governativi hanno provocato almeno sette morti; si tratta del bilancio più elevato in una sola giornata dall’entrata in vigore della tregua a metà settembre grazie al patto siglato da Russia e Turchia.
Inoltre, l’esercito turco ha bombardato ieri alcune postazioni delle milizie curde - sostenute dagli Usa - nel nord della Siria. Nel mirino postazioni delle Milizie di protezione popolare Ypg stanziate sulla riva orientale del fiume Eufrate, a ovest di Kobane.
L’impegno alla pace dei leader presenti all’incontro in Turchia si scontra con tensioni ancora presenti sul terreno e rischia inoltre di essere vanificato dalla mancanza di due attori fondamentali sul palcoscenico siriano: Iran e, soprattutto, Stati Uniti. Del resto non è affatto un mistero che Washington non abbia digerito l’intervento militare e la crescente influenza di Mosca nel Paese arabo. Tanto che il segretario americano alla Difesa Jim Mattis ha dichiarato nel fine settimana che il Cremlino “non potrà certo rimpiazzare gli Stati Uniti” in Siria e in tutto lo scacchiere mediorientale.
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