I thai intorno al Papa per ‘essere Chiesa, vivere e riconfermare la fede’
Il superiore delegato del Pime in Thailandia sulla visita apostolica di papa Francesco. Quasi 70 mila persone sono attese alla messa nel Supachalasai National Stadium di Bangkok. Per p. Arioldi, la presenza del pontefice scuoterà la comunità cattolica. “Una fede esclusivamente devozionale non regge l'urto di secolarismo, consumismo e globalizzazione”.
Bangkok (AsiaNews) – Durante la visita apostolica di papa Francesco (20-23 novembre), i cattolici thai “avranno la possibilità di essere Chiesa, vivere la fede che hanno ricevuto e riconfermarla stretti intorno al pontefice”. Lo dichiara ad AsiaNews p. Maurizio Arioldi, superiore delegato del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) per Thailandia e Myanmar. Il sacerdote è parroco di Nostra Signora del Monte Carmelo e della beata Chiara Luce Badano a Ngao, nella provincia settentrionale di Lampang (diocesi di Chiang Rai). La missione serve circa 15 villaggi tribali (otto di etnia Akha, due Yao, quattro Karen e uno Thai) – ovvero quasi 3.500 persone, tra adulti e bambini.
Dal motto “Discepoli di Cristo, discepoli missionari”, la visita di papa Francesco era attesa da molto tempo ed avrà luogo nell’anno in cui la Chiesa di Thailandia celebra il 350mo anniversario del vicariato apostolico del Siam – eretto nel 1669. Francesco è il secondo Pontefice a visitare il Paese dopo san Giovanni Paolo II nel 1984. Il programma del viaggio è intenso e culminerà nella solenne messa del 21 novembre. La funzione avrà luogo nel Supachalasai National Stadium di Bangkok, alla presenza di quasi 70mila persone. Lo scorso 28 ottobre, la Conferenza episcopale (Cbct) ha dichiarato in una conferenza stampa che “un gran numero di persone, sia thai che straniere, si sono registrate per partecipare alla messa”. Tuttavia, la limitata capacità dell’impianto ha richiesto l’applicazione di quote al numero di fedeli per ciascuna parrocchia.
“Dalla piccola comunità di Ngao andremo in 40 – afferma p. Arioldi –. Nella selezione dei partecipanti, la diocesi di Chiang Rai ha deciso di dare precedenza a ‘prayer leader’ e catechisti, ovvero gente che ogni giorno sostiene e annuncia il Vangelo tra la propria gente, nonostante difficoltà e fatiche. Oltre ai due gruppi citati, a Ngao abbiamo deciso di invitare i fedeli che attraversano situazioni particolari. Tra questi vi è una mamma vedova, che ha un figlio dipendente dalle anfetamine. Insieme a lei vi è anche un ragazzo, la cui giovane madre è morta di recente a causa del cancro. Vogliamo esprimere sostegno a queste persone, offrendo loro una possibilità che altrimenti non avrebbero mai potuto avere. Crediamo che gli farà bene partecipare alla messa; vedere e sentire papa Francesco, la fede della Chiesa”.
Sono molte le aspettative che i cattolici riversano sull’arrivo del papa. “Al momento – prosegue il missionario – è difficile prevedere in che modo questa visita apostolica cambierà la Chiesa thai. Spero e credo che essa dia un forte impulso alla testimonianza: la presenza del papa sarà in grado di smuovere tante situazioni. Quella thai è una Chiesa autosufficiente, nazionalista e a volte troppo chiusa dentro la propria dimensione. Dipenderà da noi e dalla Conferenza episcopale come verranno recepiti i messaggi del Santo Padre e come essi verranno declinati nelle scelte di ogni giorno. Immagino che il pontefice ci darà una spinta ad uscire dal nostro cortile. Essendo una minoranza [lo 0,46% della popolazione], è comprensibile che nella comunità cattolica thai vi sia una tendenza allo 'stare bene tra di noi'”.
Molti sono convinti che il viaggio di papa Francesco possa colmare le distanze tra le due anime della comunità cattolica thai: quella nel Nord è una Chiesa ancora ‘catecumenale’, animata dalle conversioni delle comunità tribali; a Bangkok e nelle grandi città il cattolicesimo è più “istituzionale” e immerso a fondo nel contesto thai. A tal riguardo, p. Arioldi afferma: “Spero che l’arrivo di papa Francesco avvicini tali contesti. Questa è una situazione che viviamo anche noi come Pime. L’arcivescovo di Bangkok, il card. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, già insiste molto sulla missionarietà nell’ambiente urbano: la scuola non può essere l’unico campo di evangelizzazione. Il presule vuole che nella città vi siano dei ‘punti di evangelizzazione’, dove l’annuncio del Vangelo sia rivolto nel segno della carità e nel sostegno agli emarginati, non solo nell’educazione”.
Il cardinale ha voluto l’istituzione di tre parrocchie missionarie “sperimentali”, una affidata al Pime (con p. Adriano Pelosin), una ai Saveriani e una Società per le missioni estere di Parigi (Mep). “Anche la Chiesa del Nord – conclude il superiore delegato del Pime – non deve sedersi; seppur missionaria, deve andare in profondità. I tribali sono sensibili, attenti; rispondono in modo positivo all'annuncio, però è necessario evitare il rischio di fermarsi alla sola sacramentalizzazione della fede. Vi sono pericoli per entrambe le Chiese, anche da noi al Nord. Una fede esclusivamente devozionale non regge l'urto di secolarismo, consumismo e globalizzazione”. (PF)
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