15/02/2022, 11.59
AFGHANISTAN-QATAR
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I talebani cercano legittimità. Più caute le monarchie del Golfo

Il Qatar continua a porsi come mediatore principale tra l'Emirato afghano e il resto del mondo. Nessun Paese vuole concedere però il riconoscimento internazionale. Dopo incontro, i comunicati delle due parti divergono. India e Pakistan vogliono evitare un ampliamento della crisi umanitaria, trovato un accordo sull'invio dei viveri.

Kabul (AsiaNews) - Sono passati sei mesi dalla caduta di Kabul e dal tragico ritiro Usa che ha lasciato l’Afghanistan in mano ai talebani. Mentre la situazione umanitaria continua a peggiorare (all’ospedale della capitale arrivano ogni giorno almeno otto bambini malnutriti, riporta l’Unicef), sul piano internazionale i talebani si stanno ancora muovendo alla ricerca di legittimità. Ieri una delegazione guidata dal ministro degli Esteri Amir Khan Muttaqi è volata a Doha, in Qatar, per incontrare funzionari e rappresentanti del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc).

I due comunicati rilasciati dopo l’incontro hanno un tono diverso: “I partecipanti hanno manifestato rispetto per la sovranità nazionale, l'indipendenza, l'unità, l'integrità territoriale dell'Afghanistan e la ferma posizione di non interferenza negli affari affari interni”, si legge nella dichiarazione dei talebani. In un documento più articolato il Gcc riconosce l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Afghanistan, ma ha altresì sottolineato “l'importanza della riconciliazione nazionale e di una soluzione politica consensuale, che soddisfi le aspirazioni del popolo afghano, prenda in considerazione gli interessi di tutte le componenti della società e rispetti le libertà e i diritti fondamentali, compreso il diritto delle donne al lavoro e all'istruzione”. Frasi diplomatiche di circostanza, ma che però non sono apparse nella nota dei talebani.

Oggi e nei prossimi giorni gli autoproclamati funzionari del governo talebano incontreranno i rappresentanti dell’Unione europea e delle missioni diplomatiche che in Qatar operano per conto dell’Afghanistan. 

Si conferma quindi il ruolo di Doha come mediatore tra gli studenti coranici e il resto del mondo. È probabile, dicono gli osservatori, che i talebani chiederanno a Doha di intervenire anche con gli Usa per riavere i soldi del precedente governo afghano, tuttora bloccati nelle banche statunitensi. Nei giorni scorsi Washington ha annunciato di voler consegnare all’Afghanistan solo metà dei 7 miliardi di dollari congelati dopo la riconquista talebana. Prima del 15 agosto 2021, il bilancio del Paese dipendeva per quasi l’80% da contributi internazionali. 

Il problema di fondo resta sempre lo stesso da sei mesi: come aiutare la popolazione afghana senza finanziare direttamente il governo talebano, i cui membri risultano nella lista dei terroristi più ricercati al mondo delle Nazioni Unite.

Gli altri Paesi della regione, in maniera simile alle monarchie del Golfo, non sembrano intenzionati a riconoscere il governo talebano, ma vogliono evitare che la catastrofe umanitaria si riversi sui propri confini. Secondo un recente rapporto di Save the Children, le famiglie afghane costrette a mandare i figli a lavorare sono ora il 18%. Quasi 23 milioni di persone si trovano in condizioni di insicurezza alimentare acuta e altri 9 milioni si trovano in stato di emergenza, dicono i dati del World Food Program (Wfp); vuol dire che quasi 32 milioni di persone, su una popolazione di 41,7 soffrono la fame. Nell’ultimo mese, solo nella provincia nordoccidentale di Ghor, almeno 95 bambini sono morti di morbillo e malnutrizione. 

Il primo ministro del Pakistan Imran Khan, in una recente intervista alla Cnn, ha ribadito che “l'unica opzione che il mondo ha in questo momento è quella di collaborare con i talebani affinché la situazione migliori”. 

Dopo uno stallo durato mesi, Islamabad e Delhi hanno trovato un accordo per inviare viveri alla popolazione afghana: entro la prossima settimana 50mila tonnellate di grano saranno spedite su camion afghani attraverso il confine indo-pakistano di Wagah-Attari e ridistribuite dal Wfp, con cui l’India ha siglato un protocollo d’intesa. All’inizio India e Pakistan volevano spedire gli aiuti su mezzi propri.

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